In Abruzzo è guerra. In particolare a Bussi sul Tirino (Pe) si gioca la partita del tutti contro tutti. Il Tar di Pescara boccia il Ministero dell’Ambiente: ha dichiarato illegittima la decisione presa dal direttore generale per il risanamento ambientale.
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Giuseppe Lo Presti aveva revocato in autotutela l’affidamento al gruppo belga Deme i lavori di bonifica delle discariche abusive, aggiudicati nel 2018. Il Tar, dunque, contro la decisione del Ministero, che aveva indetto la gara nel 2015, difendendo la scelta di affidare i lavori alla società aggiudicataria anche dinanzi al Tar, salvo poi cambiare idea. E contro quella decisione hanno presentato ricorso gli enti locali, Comune di Bussi, Regione, agenzia regionale per la protezione ambientale (Arta), e la società Dec Deme. I giudici amministrativi lo hanno accolto, considerando quanto stabilito dal dicastero di via Cristoforo Colombo uno “sviamento di potere”.
Lo Stato paga: 15mila euro
Lo Stato dovrà sborsare 15mila euro di spese di lite. Per il Tar il Ministero ha avuto un “comportamento del tutto contraddittorio”, in “palese violazione dell’accordo di programma”, lasciando cadere i termini di utilizzo delle risorse pubbliche stanziate per le bonifiche. Decisione che ha fatto insorgere il Forum H2O: “Ora il ministro dell’Ambiente chieda scusa agli abruzzesi e rifletta, non ha difeso né l’ambiente né la salute ma i suoi dirigenti che sbagliavano” .
Le battaglie di Bussi nei tribunali
La battaglia per il risanamento ambientale di Bussi sul Tirino si è spostata da tempo nelle aule dei tribunali. Sebbene il nome dei responsabili delle bonifiche sia stato messo definitivamente nero su bianco. Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa lo scorso anno parlò di “uno dei più gravi ecocrimini d’Italia”. Contestualmente annunciò che i 47 milioni di euro stanziati nel 2011 per le bonifiche erano in procinto di arrivare in loco.
L’interrogazione parlamentare
I due deputati del Pd, l’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando e l’ex presidente della Provincia dell’Aquila Stefania Pezzopane, a novembre scorso presentarono un’interrogazione parlamentare a risposta orale ai ministri Sergio Costa e Alfonso Bonafede, rispettivamente dell’Ambiente e della Giustizia. La richiesta era quella di capire di avere informazioni circa la causa civile in corso contro Edison presso il tribunale dell’Aquila che stenta a decollare. Dal 20 gennaio scorso si attende che il giudice monocratico, Monica Croci, sciolga la riserva in merito a due istanze istruttorie, consentendo così il prosieguo della causa che il ministero dell’Ambiente e la Regione Abruzzo hanno intentato contro Edison. La richiesta di risarcimento che i due enti hanno avanzato nei confronti della società è di 1 miliardo e 500milioni di euro per danni ambientali e all’immagine. La società è responsabile della contaminazione.
I 232 ettari da risanare a Bussi
Sotto al polo chimico e alle tre discariche sono stati rinvenuti i veleni sotterrati durante il secolo scorso da Montedison, in precedenza Montecatini, oggi Edison. Le conseguenze di quel primo insediamento industriale in cui venivano prodotti soda caustica, ipoclorito di sodio e acido cloridrico e, successivamente, acqua ossigenata.
I primi veleni furono accertati nel 1972
L’allora assessore del Comune di Pescara, Giovanni Contratti, bloccò lo smaltimento diretto nel fiume Pescara. Il sequestro arrivò nel 2007. Le associazioni ambientaliste locali riuscirono a far chiudere i pozzi e a far bloccare la distribuzione dell’acqua alla popolazione. Dopo due anni le bonifiche dovevano essere concluse. Ma i tempi si dilatarono. Il governo nominò un commissario straordinario: Adriano Goio.
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Alla sua morte nel 2016 la palla passò al ministero dell’Ambiente, a cui lo Stato destinò 47 milioni di euro al fine di realizzare le bonifiche con scadenza il 2018. Nel frattempo per la discarica Tre Monti era stata prevista una messa in sicurezza, poi considerata insufficiente, e per le altre due discariche 2A e 2B era stato indetto nel 2015 un bando di gara per i lavori di risanamento. Ad aggiudicarselo tre anni dopo fu il gruppo belga Deme. Il Comune di Bussi era diventato simbolicamente proprietario dell’area al costo di un euro e il ministero dell’Ambiente aveva 60 giorni di tempo per firmare il contratto con la società. Non accadde.
Processo Montedison
Il processo contro gli ex dipendenti di Montedison confermò il disastro ambientale colposo aggravato. In quattro furono assolti “per non aver commesso il fatto” e le altre sei posizioni vennero prescritte. A giugno deloo stesso anno, la Provincia di Pescara emise un’ordinanza in cui imputava ad Edison la responsabilità delle bonifiche. La società provò in ogni sede a contestare questa decisione, fino a quando ad aprile 2020, il Consiglio di Stato ne ha confermato la validità. Il caso ora è in Cassazione.
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Il ministero dell’Ambiente revoca in autotutela l’affidamento al gruppo Deme dei lavori di bonifica. Il tutto è finito in tribunale ed oggi il Tar Pescara ha annullato la decisione di revoca. Per il momento l’unica ad aver sborsato denaro peraltro è la Regione, che ha finanziato le operazioni ambientali con 1,5milioni di euro destinandoli al dicastero di via Cristoforo Colombo.
La vicenda approda in Parlamento
“In data 20 gennaio, il Tribunale (dell’Aquila, ndr) si riservava la decisione sulle istanze istruttorie della difesa erariale e sulle eccezioni preliminari dei convenuti – hanno scritto nell’interrogazione i deputati Andrea Orlando e Stefania Pezzopane – a tutt’oggi, a distanza di quasi un anno, nessun provvedimento di scioglimento della riserva è stato assunto, a fronte di una situazione di perdurante immanenza della contaminazione sul sito, con la presenza di rifiuti gravemente pericolosi per la salute”. Secondo “l’articolo 186 del codice di procedura civile” – avvertono i firmatari dell’interrogazione – c’è “un termine di cinque giorni per lo scioglimento della riserva”.