Il Tribunale di Milano ha posto Banca Progetto sotto amministrazione giudiziaria. L’accusa all’istituto è di aver permesso a nove società legate alla ‘ndrangheta di ottenere quasi 10 milioni di euro di finanziamenti garantiti dallo Stato.
Banca Progetto sotto amministrazione giudiziaria: fondi dallo Stato alle mani della ‘ndrangheta. Questi fondi, destinati alle piccole e medie imprese attraverso il Fondo Centrale di Garanzia, sono stati concessi tra il 2019 e il 2023. Inizialmente per far fronte all’emergenza Covid e successivamente per sostenere le aziende colpite dalla guerra Russia-Ucraina. Secondo le autorità, controlli superficiali, che avrebbero potuto facilmente fermare queste operazioni, sono stati omessi.
Un sistema di erogazione distorto
Le indagini dell’Antimafia hanno collegato le società beneficiarie dei finanziamenti a Maurizio Ponzoni, arrestato nel marzo 2023 e ritenuto vicino alla “locale” di Legnano/Lonate Pozzolo, operante nel Varesotto. Insieme a Enrico Barone, Ponzoni avrebbe utilizzato queste società per compiere reati tributari e fallimentari, tra cui il trasferimento fraudolento di valori con l’aggravante mafiosa.
Le attività delle società spaziavano dalla produzione di articoli in plastica al commercio di materiali ferrosi e alla costruzione di edifici, ma secondo i magistrati il denaro ottenuto veniva sistematicamente “cannibalizzato” dalla criminalità organizzata. Nonostante un’ispezione della Banca d’Italia, avvenuta nel periodo di erogazione dei prestiti, Banca Progetto ha continuato a concedere finanziamenti per oltre 3,5 milioni di euro.
Mancanza di controlli e collusione
Ponzoni stesso, durante un’interrogazione con il pubblico ministero, ha ammesso che un semplice controllo sul suo nome avrebbe dovuto far scattare allarmi. Tuttavia, l’istituto di credito non ha attuato alcuna verifica, permettendo a Ponzoni di mantenere rapporti diretti con i funzionari della banca, nonostante fosse il destinatario nascosto dei prestiti. In alcuni casi, la sua connessione con le società era nota ai funzionari, che tuttavia non hanno intrapreso alcuna azione per bloccare i finanziamenti.
“Condotta agevolatoria” per massimizzare i profitti
Il Tribunale di Milano ha concluso che Banca Progetto ha adottato un “modus operandi opaco e discutibile”, trasferendo il rischio di insolvenza allo Stato attraverso l’attivazione della garanzia del Fondo MCC. Questa negligenza ha favorito la criminalità organizzata, con lo Stato che ha finito per garantire fondi che sono stati sottratti alle loro finalità originarie.
La banca è stata inoltre accusata di una “condotta agevolatoria”, volta a massimizzare i profitti a scapito delle verifiche necessarie per evitare di instaurare rapporti con soggetti collegati alla criminalità organizzata.
La risposta di Banca Progetto
In una nota ufficiale, Banca Progetto ha sottolineato che l’istituto non è sotto inchiesta, né i suoi vertici sono indagati. La banca ha affermato di operare regolarmente e che il provvedimento riguarda solo dieci finanziamenti su circa 40.000 concessi. Tuttavia, è stata avviata un’amministrazione giudiziaria per rimuovere le “situazioni tossiche” e per verificare l’adeguatezza dei sistemi di controllo interni.
L’udienza per valutare l’operato dell’amministrazione giudiziaria è fissata per il 25 febbraio prossimo, mentre Banca Progetto si riserva di prendere provvedimenti contro la diffusione di notizie che considera false e diffamatorie.