Pare proprio che il Consiglio superiore della magistratura abbia affidato i propri soldi alla Banca popolare di Bari. L’istituto bancario salvato dal fallimento grazie ad uno stanziamento urgente di 900 milioni di euro deciso domenica scorsa dal governo.
La stessa banca che, curiosamente, ha anche uno sportello all’interno di Palazzo dei Marescialli. A dirlo è Piero Sansonetti, direttore del Riformista. La Bpb ha pure stipulato condizioni estremamente vantaggiose per i signori magistrati in servizio al Csm.
“Il Csm, in quanto organo di rilevanza costituzionale – spiega Sansonetti – non è assoggettato per legge alla tesoreria unica. Essendo in regime di ‘autonomia finanziaria’ si avvale, dunque, di un istituto di credito privato”.
Ora la domanda sorge spontanea: si sapeva delle condizioni critiche della Banca popolare di Bari? Evidentemente sì visto che Banca d’Italia aveva evidenziato, a seguito di ispezioni, “carenze nell’organizzazione e nei controlli interni sul credito”. Nel 2014, l’acquisto della Cassa di risparmio di Teramo (Tercas) aveva aggravato la situazione.
Nel 2015 le azioni della Banca popolare di Bari crollano, suscitando la rabbia dei soci. Nel 2016 l’ennesima ispezione della Banca d’Italia rileva “significativi ritardi rispetto agli obiettivi prefissati” e, nuovamente, “l’esigenza di rafforzamento nel sistema dei controlli sui crediti”. Nel 2017 l’ultimatum: urge un aumento di capitale per impedire il baratro. Il 2018 si chiude con un rosso di oltre 430 milioni.
“Nel 2016 la Procura di Bari ha aperto un fascicolo per associazione a delinquere, truffa, ostacolo alla vigilanza, false dichiarazioni in prospetto, nei confronti dei vertici della Bpb” spiega il Riformista. Fra gli indagati, il suo presidente Marco Jacobini e l’amministratore delegato Vincenzo De Bustis.
Intanto il Csm ha continuato ad avere conto correnti nella Banca Popolare di Bari.