Le baby gang rappresentano una delle facce più inquietanti della criminalità organizzata.
Baby gang e crimine: l’altra faccia della mafia. Giovani, spesso minorenni, vengono arruolati dai clan mafiosi per compiti che spaziano dal trasporto di droga all’intimidazione. Il fenomeno è in crescita, soprattutto nelle grandi città del Sud Italia, dove povertà e mancanza di opportunità spingono i ragazzi a scegliere il crimine come alternativa.
Numeri e contesto
Secondo un rapporto del Ministero dell’Interno, nel 2023 si sono registrati oltre 5.000 reati commessi da minorenni legati a organizzazioni criminali, con un aumento del 15% rispetto all’anno precedente. Napoli e Palermo sono tra le città più colpite.
Storie di vita spezzata
Mario, 16 anni, è stato arrestato a Napoli per rapina. Era affiliato a una baby gang legata alla Camorra. “Mi hanno promesso soldi facili e rispetto,” racconta in un’intervista. “Ma quando sono finito in carcere, mi sono accorto di essere stato solo una pedina.”
Come i clan sfruttano i giovani
I minorenni sono preferiti dai clan perché, in caso di arresto, ricevono pene meno severe. I boss li usano come “vedette” durante le operazioni di spaccio o come “corrieri” per piccoli carichi di droga.
Il ruolo della scuola e delle famiglie
Molti esperti ritengono che il problema sia radicato nella mancanza di educazione e supporto familiare. Progetti come “Scuole Aperte alla Legalità” stanno cercando di invertire la rotta, offrendo ai giovani alternative concrete al crimine.
Le baby gang sono un sintomo di un problema più grande: la mancanza di opportunità per i giovani nelle aree più povere d’Italia. Affrontare questo fenomeno significa investire in educazione, lavoro e cultura della legalità.