La Procura va giù pesante sulla vicenda del crollo del ponte Morandi di Genova del 14 agosto 2018 dov’è coinvolta la Società Autostrade. Le accuse messe nero su bianco dalla Procura non lasciano spazi a fraintendimenti.
Secondo i giudici Autostrade per l’Italia ha violato il patto con lo Stato. “Da Aspi – scrivono i Pm – assistiamo a una strategia complessiva volta alla realizzazione di comportamenti di sistematica falsificazione finalizzata al mascheramento di gravissime inadempienze agli obblighi di legge e della convenzione tra Autostrade e lo Stato”.
Un passaggio contenuto nella richiesta di misure cautelari per 9 tra dirigenti e ingegneri della stessa Aspi e della controllata Spea Engineering, accusati di aver compilato falsi report sulla sicurezza di alcuni viadotti. Un atto d’accusa, depositato negli ultimi giorni al tribunale del Riesame, che dipinge un inquietante quadro “sistemico”, come mai si era visto in precedenza. “Dalle carte dell’inchiesta – precisa il magistrato – emergono reiterati e organizzati comportamenti di falsificazione di numerosi atti pubblici, tutti caratterizzati dalla finalità di occultare il reale stato di ammaloramento di svariate opere della rete autostradale”.
Nell’inchiesta viene rimarcato il fatto che i comportamenti, molto diffusi, sono stati sia “antecedenti” che “successivi” al crollo del Ponte Morandi. “Vengono tuttora falsificati – aggiunge ancora il pm – con pari sistematicità gli atti pubblici relativi agli accertamenti e alle verifiche circa la sicurezza della circolazione su una serie di ulteriori opere d’arte della rete autostradale”.
Per l’accusa, la morte di 43 persone e il crollo del viadotto non hanno rappresentato uno spartiacque e dietro le relazioni truccate c’ è una regia precisa. “Tale sistematica falsificazione – evidenziano gli inquirenti – lungi dall’essere espressione di comportamenti isolati di un singolo indagato, risulta invece legata ad un preciso modus operandi. Emerge, infatti, il coinvolgimento diffuso di svariate articolazioni della società Spea e di Autostrade per l’ Italia, con i loro rispettivi responsabili al più alto livello”.
C’era un obiettivo?
Per gli inquirenti sì: “Risulta dalle indagini – si sottolinea nel dossier – che il concessionario e per esso alcuni indagati ai massimi livelli di responsabilità, richiedano costantemente a Spea e a volte per il tramite dell’amministratore delegato Antonino Galatà (sottoposto mercoledì scorso a una lunga perquisizione della Finanza sia nella sua abitazione sia nel suo ufficio) la falsificazione di atti e documenti. Al fine di mantenere occulto, anche nei confronti delle specifiche attività d’ispezione ministeriale, il grave stato di ammaloramento delle rete autostradale”.
“Non collaborativo”
Il documento spiega come lo spirito generale non sia stato collaborativo verso i magistrati. “Gli indagati interni a Spea – conclude il pm – non solo si coordinano tra di loro nell’esecuzione dell’attività criminosa, ma si sono organizzati per sviare ed eludere le indagini, che sanno essere in corso, ostacolando sia l’acquisizione delle prove sia la genuinità delle stesse. Anche tale attività di inquinamento probatorio viene svolta ai massimi livelli dirigenziali. Risulta infatti che il direttore responsabile dell’ufficio legale di Spea abbia posto in essere con l’ aiuto di numerosi collaboratori indagati una sistematica attività di “contro indagine” e d’inquinamento probatorio, anche mediante comportamenti penalmente rilevanti. Tra questi la preparazione degli interrogatori dei testimoni e il posizionamento di jammer per disturbare le intercettazioni. Le indagini hanno inoltre consentito di accertare che i testimoni vengono convocati per essere preparati alle indagini e sono poi riconvocati per riferire in ordine alle dichiarazioni rese”.
Non male, insomma, la scelta del governo che vuole affidare ad Autostrade il salvataggio di Alitalia.
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Tutti a cena a festeggiare
Una situazione, quella che gira intorno alla tragedia del Morandi, non molto edificante. Così si scopre anche il fatto che nella Villa Lo Zerbino, martedì sera a Genova, c’è stata una cena a cui hanno partecipato il presidente della Regione, Giovanni Toti, e il sindaco di Genova, Marco Bucci, rispettivamente commissario per l’emergenza e per la ricostruzione del Ponte Morandi. Sull’agenda pubblica del presidente della Regione la serata era annunciata come “Partecipazione alla serata celebrativa per la conclusione dei lavori di demolizione del Ponte Morandi”. I comitati della Val Polcevera e i cittadini sui social, però, lo hanno ribattezzato “Detrito Party” o anche, in dialetto, “Zetto Party”.
Era necessaria la festa?
Qualche giorno fa i comitati avevano chiesto ed ottenuto un incontro urgente con la struttura commissariale e con i costruttori, per le difficoltà degli abitanti a sostenere il rumore di un cantiere così grande e che lavora H24. Così pure è ancora grande l’apprensione per la movimentazione degli stessi detriti della demolizione.
“Fuori luogo la serata”, commenta il capogruppo Pd in Regione, Giovanni Lunardon: “Con tutto il rispetto per chi lavora nel cantiere e per le aziende demolitrici di cui conosco la professionalità e la competenza, questa continua, ipertrofica e compulsiva voluttà di autocelebrazione da parte di Toti e Bucci sta, da tempo, diventando stucchevole e in questo caso anche fuori luogo. Non è’ così che si onora la memoria dei 43 caduti e non è’ così che si rispettano i cittadini che vivono nelle immediate vicinanze del cantiere sottoposti a continui disagi per una mobilità ancora estremamente precaria, polveri, rumori e per la presenza di detriti che nessuno sa esattamente quanto rimaranno li, privi delle informazioni più elementari che da tempo richiedono invano”.
Alla polemica sollevata dai tanti abitanti della Val Polcevera, Toti risponde: “Ieri sera con il sindaco Bucci, invitati dalle aziende che hanno eseguito la demolizione del ponte in modo tanto straordinario da essere elogiate in tutto il mondo, siamo andati ad una cena da loro offerta – ha aggiunto Toti – per ringraziare tutti i collaboratori e le persone che hanno partecipato a quel delicato momento per il buon lavoro svolto. Un lavoro portato a termine senza polveri, rischi e inquinamenti a cui Lunardon dovrebbe vergognarsi di fare riferimento, in aperto contrasto con la verità dei fatti, come lui sa bene. E dovrebbe vergognarsi anche di alludere ad una contrapposizione che non esiste, strumentalizzando il dolore di chi ha perso un proprio caro o di chi ha dovuto affrontare tante difficoltà”.