Autismo, la battaglia silenziosa delle famiglie lasciate sole dallo Stato
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365 giorni l’anno, 24 ore su 24. Senza pause, senza aiuti veri, spesso nel silenzio di uno Stato che guarda da un’altra parte. È la quotidianità di chi vive l’autismo in Italia: un percorso in salita che coinvolge oltre 600mila persone nello spettro e le loro famiglie, da decenni abbandonate a sé stesse.

Autismo, la battaglia silenziosa delle famiglie lasciate sole dallo Stato. Secondo l’Angsa, l’Associazione nazionale genitori soggetti autistici, negli ultimi vent’anni i casi sono aumentati del 10%. Ma i servizi, le diagnosi precoci, il sostegno concreto? Tutto al palo.

Diagnosi lente, terapie assenti e diritti negati

Ci vogliono tre anni in media per ottenere una diagnosi. Tre anni in cui le famiglie brancolano nel buio, senza indicazioni, senza strumenti. Quando finalmente arriva la conferma, si apre un’altra voragine: poche terapie gratuite, assistenza psicosociale scarsa, insegnanti di sostegno poco preparati. E quando i figli diventano adulti? Peggio ancora. Il mondo del lavoro è un miraggio: meno dell’1% delle persone autistiche in Italia ha un impiego. È un dato che parla da solo.

La Giornata mondiale dell’autismo? Per molti è solo una data vuota

Il 2 aprile, ufficialmente, si celebra la Giornata mondiale per la consapevolezza sull’autismo. Ma per chi ci convive ogni giorno, non c’è nulla da festeggiare. Le famiglie e le associazioni lo ripetono con forza: non vogliamo passerelle, vogliamo inclusione verapari opportunitàrispetto per le nostre vite.

Famiglie al fronte: quando lo Stato manca, ci pensano i genitori

L’Angsa, che nel 2025 compie 40 anni, è nata proprio da un’urgenza: fare quello che le istituzioni non fanno. Oggi conta 90 associazioni e 4mila famiglie, ed è diventata un punto di riferimento. Ma anche questa rete resiste grazie alla forza di madri e padri che hanno imparato, da soli, a diventare terapeuti, assistenti, educatori.

Giovanni Marino, presidente Angsa, lo dice chiaramente: “Abbiamo una legge nazionale avanzata, ma resta sulla carta. A livello regionale viene sistematicamente disattesa. Troppe famiglie sono costrette a tenere i figli a casa, da sole, senza tutele, senza supporto”. E molte Regioni – fatto gravissimo – non sanno nemmeno quante persone autistiche risiedano sul proprio territorio. Nessun registro, nessun osservatorio nazionale. Solo stime, solo improvvisazione.

Paola e Lillo: dalla solitudine alla condivisione

A Roma, Paola Nicoletti ha trasformato la sua esperienza personale in un’azione collettiva. Madre di Gabriele, ragazzo autistico non verbale, ha fondato l’associazione “Siamo delfini impariamo l’autismo”. Un modo per uscire dal guscio e costruire reti di confrontospazi culturaliprogetti di integrazione concreta.

Tra le sue iniziative: il festival Aut Art, ospitato al Teatro degli Eroi, e il Padel Autistic Tour con Athletica Vaticana. In radio, su Radiolive22, cura una rubrica settimanale sull’autismo. “Scrivere il libro su mio figlio è stato difficile, ma necessario”, racconta. Il titolo? “Raccontami il mare che hai dentro”, oggi diventato anche spettacolo teatrale. Un racconto sincero e potente che rompe il muro del silenzio.

Milano: quando l’autismo è una battaglia quotidiana

Mara Navoni, madre di Matteo – un ragazzo con diagnosi severa di autismo – ha fondato Mondoabaut. La sua storia è un esempio della lotta continua per sopravvivere e offrire un futuro. “Non posso lasciarlo da solo nemmeno per aprire al corriere. Questo è il livello di assistenza che serve, ma che manca”, dice. Matteo è stato diagnosticato a due anni. Fortunatamente, la famiglia ha potuto permettersi un intervento precoce e intensivo, basato sul metodo A.B.A. – un lusso che molte famiglie non possono concedersi.

Nel 2022 nasce l’associazione, con un progetto ambizioso: un Centro A.B.A. dove si costruisce un piano personalizzato per ogni ragazzo. E poi Ma’amul, un laboratorio di pasticceria per ragazzi autistici. “Non è solo un corso – dice Mara – è un laboratorio di futuro. Costruiamo autonomia, fiducia, dignità”.

Novara-Vercelli: una comunità che si è fatta forza da sola

A raccontarci un’altra battaglia è Priscila Beyersdorf, presidente di Angsa Novara-Vercelli. L’associazione nasce nel 2000, quando l’autismo era un terreno sconosciuto e ignorato. “Non c’erano servizi, né ascolto. Abbiamo iniziato a raccontare le nostre storie, a formare operatori, a organizzare convegni. Oggi abbiamo un Centro per l’autismo di eccellenza, con oltre 260 famiglie seguite e 75 professionisti specializzati”.

Ma anche qui il problema resta: non si riesce a dare risposta a tutti. La domanda cresce, i servizi no. “Serve una rete forte tra ASL, Comuni e famiglie. Noi ci crediamo”, dice Priscila, “ma serve un cambio di passo. Subito”.


Le storie che arrivano da Nord a Sud raccontano tutte la stessa verità: le famiglie sono lasciate sole, costrette a diventare esperte, manager, terapeuti, infermieri. Lo Stato è assente, o si limita a qualche slogan. L’autismo in Italia non è solo una condizione, è un banco di prova per capire quanto una società sia davvero inclusiva. E al momento, la bocciatura è senza appello.

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