Costi di produzione alle stelle. Siccità, pandemia e guerra stanno provocando un aumento imprevedibile di packaging e trasporto di alimenti come la pasta.
Non solo aumento dell’energia. Il raccolto di grano duro mondiale della passata stagione è stato gravemente compromesso dall’ondata di siccità che ha colpito le zone del mondo dove la produzione è maggiore. Poi è arrivata la pandemia che ha bloccato repentinamente e poi fatto ripartire in maniera non pianificabile alcuni mercati e certi comparti. Il risultato è che la filiera del packaging e della logistica si è dovuta riorganizzare nei tempi e nei costi. Ora la situazione in Ucraina, come riporta Coldiretti, mette in difficoltà i pastai che lamentano di avere scorte solo per poche settimane. E annunciano chiusure impianti a causa dei problemi di rifornimento dall’estero per il blocco delle spedizioni determinato dalla guerra. Non solo. Quest’anno in Italia sono raddoppiati i costi delle semine per la produzione di grano per effetto di rincari di gasolio, e anche prodotti fitosanitari e fertilizzanti.
Riccardo Felicetti, ceo del Pastificio Felicetti a Predazzo (Trento), spiega a Repubblica che: “Siamo sicuramente in un momento molto critico, che è cominciato lo scorso anno con un taglio della produzione mondiale di grano duro del 20%, dovuto alla siccità in Nord America e Canada, le zone di produzione più importanti al mondo. Non ci sono scorte di grano poiché, a livello globale, vi è un sostanziale pareggio tra produzione e consumo”.
Al calo della produzione ha coinciso di conseguenza un aumento del prezzo della materia prima fino al 100%. Essendo la pasta un prodotto monoingrediente – ossia semola di grano duro e acqua – l’aumento della semola comporta come diretta conseguenza l’aumento della pasta.
Gas e petrolio russo: cosa cambia dopo le misure di Ue e Usa
Washington e Londra hanno annunciato lo stop al petrolio e al gas estratti in Russia. L’Unione europea ha varato il piano Repower Eu che prevede, tra l’altro, la riduzione di due terzi del gas in arrivo da Mosca entro la fine del 2022. Ma quali saranno gli effetti di queste misure, una volta implementate?
I prezzi dei carburanti
Gli annunci di Biden e Johnson hanno prodotto un’impennata dei listini del petrolio. Il Brent ha sfiorato i 120 dollari al barile, mentre aveva iniziato l’anno intorno agli ottanta. Immediate le ripercussioni sui prezzi dei carburanti alla pompa. Negli Usa la benzina ha toccato il record d 4,32 dollari a gallone. Quasi un dollaro al litro, mentre fino a pochi giorni prima per un litro bastavano in media 70 centesimi di dollaro.
Stesso effetto in Europa, amplificato da prezzi assai più alti già in condizioni normali. In Italia la benzina self service è arrivata a 2,117 euro/litro, tallonata e in qualche caso superata dal gasolio: 2,067 euro/litro in media. Rincari che incidono sui bilanci familiari ma soprattutto sulla logistica. E con molte aziende di autotrasporto in difficoltà, sulla pesca e sulle le attività che consumano grandi quantità di carburanti. “Lo stop di Biden non avrà un effetto enorme sull’economia russa, visto che le importazioni americane sono relativamente basse, ma ha avuto come conseguenza indiretta l’aumento dei prezzi”, conferma Massimo Tavoni, economista al Politecnico di Milano e direttore dell’Istituto europeo di economia ambientale.
Blocco delle produzioni
Il gas russo ancora arriva ma il conflitto in Ucraina ha comunque fatto impennare il suo prezzo, sommandosi a rincari che avevano a che fare con la veloce ripresa economica post pandemia e con la parziale conversione cinese dal carbone al gas. Il 23 febbraio, un giorno prima dell’invasione russa, il gas naturale costava in Italia 88 euro per MWh, ma nelle 24 ore successive è arrivato a 132 euro per MWh. Ha poi raggiunto il record di 295 euro, oltre dieci volte il prezzo di un anno fa.
Il gruppo ProGest ha deciso di fermare tutte le sei cartiere che gestisce in Italia e di mettere in ferie i 400 dipendenti. “Vendiamo la carta a 680 euro a tonnellata ma per produrla oggi occorrono 750 euro soltanto per il gas”, ha detto il presidente Bruno Lago.
Elettricità e riscaldamento
Una prima previsione sulle tariffe di aprile l’ha fatta Nomisma Energia, ma si basa sui prezzi del gas a febbraio, prima che la crisi precipitasse del tutto. In ogni caso, secondo Nomisma, i rincari sui prezzi si aggirerebbero attorno al 20% per la corrente elettrica e al 2% per il metano.
Gli analisti però aggiungono: “Negli ultimi giorni i prezzi del gas sono stati costantemente sopra i 140 euro per megawattora e, se dovessero durare questi valori, il balzo delle tariffe gas è solo rimandato di qualche mese al primo luglio”.
Scenario energetico e climatico
“Ma il programma Repower Eu annunciato dal vicepresidente della Commissione europea Timmermans è qualcosa di molto diverso dalle sanzioni, poggia su solide fondamenta di politica economica e rappresenta sostanzialmente l’anticipazione di quanto Bruxelles si è già proposta di fare con Fit for 55”, spiega Tavoni.
In effetti, la Ue nel cammino verso la neutralità carbonica entro il 2055, aveva individuato come tappa fondamentale il 2030, anno in cui avrebbe ridotto del 30% l’uso di gas naturale, una quantità pari a tutta quella che oggi importiamo dalla Russia. Repower Eu non fa che accelerare i tempi: rinunciare a due terzi del gas russo entro il 2022.
“Se perseguita correttamente, questa politica sarà tutt’altro che devastante per l’economia europea”, precisa Tavoni. “Si dovrà investire sul risparmio e sull’efficienza energetica, sulle pompe di calore alimentate da pannelli fotovoltaici al posto delle caldaie a gas, su parchi eolici e fotovoltaici… Tutte azioni che faranno bene alle aziende, all’occupazione e al clima, oltre che liberarci dalla dipendenza dal gas russo”. Azioni che però non saranno immediate e richiederanno tempo.
La corsa all’accaparramento
Inevitabilmente, dopo giorni di allarme sul blocco delle importazioni di mais e grano, sono scattati i primi fenomeni di accaparramento. E così Unicoop Firenze, per evitare che alcuni negozianti facessero incetta di farina, zucchero e olio di semi, ha stabilito che non si possano acquistare più di 4 pezzi per cliente. Fenomeno simile in Sardegna, dove per il 14 è annunciato lo sciopero dei tir contro il caro-gasolio.
Allarmi provocati anche dal fatto che al blocco delle importazioni dalla Russia e dall’Ucraina si sono aggiunte la decisione dell’Ungheria di dare un diritto temporaneo di prelazione allo Stato sulle merci da esportare. E dunque alcuni prodotti potrebbero scarseggiare. Federalimentare calcola un’autonomia di soli 30 giorni per l’industria mangimistica e di 40 per quella molitoria. Il presidente dell’organizzazione, Ivano Vacondio, spiega a Repubblica che “è a rischio il 70% dell’industria alimentare”. “Per i cereali stiamo già utilizzando le scorte di magazzino – conferma Daniele Erasmi, presidente di Fiesa Confesercenti – Magari non rimarranno gli scaffali vuoti nei negozi, ma i prezzi cresceranno molto. Per il pollame c’è già un più 30-40% negli ultimi giorni per via dell’aumento dei prezzi dei mangimi”. Aumenti che potrebbero estendersi a tutti i tipi di carne, avverte Donatella Prampolini, presidente Fida Confcommercio.
Il ministro dell’Agricoltura Patuanelli ha chiesto in Consiglio dei ministri “un regime di aiuto straordinario sul modello dell’emergenza Covid”, anche per aiutare le imprese a produrre di più, per far fronte all’emergenza. Per questo Confagricoltura chiede un allentamento dei vincoli Ue.
Pane e pasta: costi quasi raddoppiati
Il grano duro per la pasta in realtà viene prodotto soprattutto in Italia, ma negli ultimi 12 mesi, calcola UnionFood, ha subito un aumento dell’80% “per l’effetto combinato dei cambiamenti climatici, della speculazione internazionale e della corsa all’accumulo di beni essenziali da parte di alcuni Stati”.
È in gran parte esportato invece il grano tenero che serve per il pane, i dolci e i biscotti. Ma l’allarme maggiore è per il mais importato in grandi quantità dall’Ucraina, e componente di base dei mangimi alimentari.
Oli vegetali. In un mese il magazzino è destinato a esaurirsi
Il divieto di usare olio di palma ha portato in auge gli altri oli vegetali. Soprattutto di semi di girasole, ingrediente essenziale delle preparazioni alimentari italiane, dalle conserve alle salse, ma protagonista anche nella ristorazione, per le fritture. Noi però ne produciamo solo 250 mila tonnellate sulle 770 mila che servono. Da Russia e Ucraina arrivava il 75% dell’export mondiale.
Fertilizzanti. Aumenti stellari
Se dall’Ucraina arrivano in Italia oli vegetali e mais, dalla Russia arrivano i fertilizzanti, bloccati dall’inizio della guerra per ritorsione alle sanzioni. La Russia produce più di 50 milioni di tonnellate l’anno di fertilizzanti, ricorda Coldiretti. Il 13% del totale mondiale, e l’Italia dipende per oltre il 95% dalle importazioni. Le poche quantità di concimi ancora disponibili sul mercato europeo per effetto del blocco russo hanno subito aumenti stellari.
Carne. Rincari fino al 20%, anche di più per le uova
La penuria e gli aumenti dei prezzi del mais e della soia hanno una forte ripercussione sulle filiere della carne, latte e formaggi. Sostituire i mangimi a base di mais con altri prodotti potrebbe avere ripercussioni negative: quelli a base di latte sono ancora più cari, mentre il mais acquistato dagli Stati Uniti è per la maggior parte ogm. Molti allevatori, è l’allarme di Coldiretti, stanno tagliando del 10% le razioni per gli animali per contenere i costi. Nel lungo periodo le ripercussioni sugli aumenti dei prezzi finali potrebbero essere molto consistenti, avverte la Cia, che calcola un balzo del 20% dei prezzi del pollo, del 15% per il tacchino, del 20% per le bistecche, del 30% per le uova, del 15% per il prosciutto e del 20% per le carni suine.