Sulla sicurezza di AstraZeneca l’Ema, Agenzia europea dei medicinali, vuole dare una prima risposta già giovedì. Infatti i Paesi membri dovranno fornire una lista dettagliata dei casi sospetti. Bisognerà indicare casi con problemi di salute o decessi avvenuti entro tre settimane dal vaccino che hanno come possibile causa un difetto della coagulazione del sangue, dalle trombosi alle emorragie.
Parrebbe che i casi di trombosi non sono più numerosi fra i vaccinati (30 quelli riportati, su 5 milioni di immunizzati con AstraZeneca) rispetto ai non vaccinati. Gli esperti sono concentrati su una sindrome rara, all’apparenza contraddittoria, riscontrata in alcuni vaccinati: un calo di piastrine e la presenza di coaguli del sangue. Poche piastrine dovrebbero essere associate a sangue fluido, quindi assenza di trombi. “Ma ci sono casi rari in cui le condizioni compaiono insieme, perché le piastrine sono quasi tutte reclutate nei trombi“, spiega Maurizio Margaglione, genetista dell’università di Foggia e membro della Società italiana per lo studio dell’emostasi e della trombosi.
Sulla 60enne morta in Danimarca e sui tre operatori sanitari ricoverati in Norvegia colpisce la concentrazione: tutti presentavano l’anomala combinazione di piastrine basse e coaguli del sangue. Il numero esatto dei tedeschi colpiti non compare, ma trattandosi di una sindrome rara la statistica deve essere stata sufficiente a convincere un paese come la Germania a ribaltare la scelta iniziale del “tutto tranquillo, noi continuiamo a vaccinare”.
“Trovare i segni di questi disturbi in un paziente o in una persona deceduta non è particolarmente difficile. Occorre un esame del sangue approfondito“, spiega Margaglione a Repubblica. “È possibile vedere quale fase della coagulazione è coinvolta e farsi un’idea di cosa sia avvenuto”.
Per quanto riguarda l’Italia tutte le segnalazioni di problemi di salute arrivate all’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, vengono analizzate in due modi. Da un lato, si ricostruisce la storia della salute dei pazienti, anche con l’aiuto dei medici personali. Dall’altro, con la cartella clinica o, in caso di morte, l’autopsia, si cerca di definire la diagnosi nel modo più preciso possibile. Se ne occupa la commissione per la farmacovigilanza dedicata espressamente ai vaccini anti-coronavirus. E una trombosi, un altro problema di coagulazione o l’eventuale contagio asintomatico con il coronavirus, difficilmente sfuggono a queste osservazioni. E per arrivare a un referto, nella nostra condizione di urgenza, una settimana è un tempo congruo. Le conclusioni raggiunte da ciascun Paese confluiscono poi nel database della farmacovigilanza europea e sono comunicate all’Ema.
Le procedure
Nel caso in cui un decesso porti all’apertura di un’inchiesta giudiziaria, per esposto dei parenti o iniziativa di un magistrato, la necessità di nominare i periti e rispettare le regole della giustizia portano a un allungamento dei tempi. È quello che sta avvenendo per alcuni decessi sospetti avvenuti in Italia.
Per gli esperti di vaccini sarà relativamente semplice usare la statistica e capire se una sindrome rara si verifica più di frequente fra i vaccinati. E non è un caso che i primi allarmi siano comparsi in Italia, per poi estendersi alla Germania, paesi che usano il vaccino di AstraZeneca sui giovani.
Se la sindrome rara della trombosi associata a carenza di piastrine venisse smentita, resterebbero due ipotesi. La prima è la presenza di impurità nelle fiale. I vaccini che usano vettori virali hanno bisogno di processi di purificazione lunghi e accurati. Nulla viene lesinato in fatto di controlli: case farmaceutiche e aziende di infialamento sono estremamente rigorose. Tutte le fiale, prima di essere distribuite, sono sottoposte anche a test finali a campione.
Resta infine l’ipotesi del “bias di attenzione”. Quando un evento avverso legato a un farmaco desta emozione e paura, le segnalazioni si moltiplicano. L’aumento di casi potrebbe essere solo percepito, non reale.