Il capo incontrastato della curva della Juve, Dino Mocciola, era così temuto che nemmeno gli ultras lo chiamavano per nome parlandone al telefono. Nelle 225mila intercettazioni captate compare solo “lui”, ” il presidente ” ,”il cane”.
Il leader dei Drughi, il gruppo più potente della tifoseria allo Juventus Stadium, è il nome più illustre tra i 12 destinatari di misure cautelari nell’operazione condotta dalla Digos di Torino e coordinata dal gruppo criminalità organizzata della procura di Torino.
Il suo nome, anche quando era in carcere per aver ucciso un carabiniere durante una rapina nel 1990, campeggiava su uno striscione allo stadio delle Alpi “ciao Dino”. Tra gli oggetti sequestrati a casa sua, oltre a un bassorilievo di Mussolini, cui non ha mai nascosto di ispirarsi, anche una medaglia che celebra il “Miglior capo”, regalo del tifo organizzato. La polizia ha trovato anche una statuina del film Arancia Meccanica da cui il gruppo di tifosi prende il nome.
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La sua autorità, costruita negli anni mitici del tifo ultras degli anni 70 e 80, viene confermata dalla sua vicinanza ad alcuni boss della ‘Ngdrangheta. Anche gli altri gruppi coinvolti nell’inchiesta si rimettevano alle sue decisioni: era lui a decidere a quanto e a chi potevano essere rivenduti i biglietti destinati al bagarinaggio. Chi non aveva la tessera dei Drughi pagava di più.
Tra le perquisizioni di questa mattina anche le sedi e le abitazioni private dei leader di Tradizione, gruppo torinese più numeroso dopo i Drughi, dei Viking, compagine milanese del tifo bianconero il cui capo Loris Grancini (già in carcere per tentato omicidio), era arrivato in passato a minacciare il titolare di una ricevitoria non compiacente.