Il clima a Montecitorio appare teso. Si avverte la presenza della giustizia manettara e c’è chi, come il sottosegretario leghista Claudio Durigon, lo ammette candidamente:“ho paura su tutto. Se vado in bagno ho paura pure di fare la pipì fuori dal vaso, perché mi becco un avviso di garanzia.”
Come riporta il Giornale Durigon racconta dell’episodio dei rom di Latina:“Mi hanno messo in mezzo alla storia quando all’epoca dei fatti non ero neppure leghista. Mi hanno dato del fascista, ma vengo da una famiglia democristiana, con tanto di zio prete e tre zie suore. Con questa storia del traffico di influenze mi occupo solo delle cose che mi riguardano, quando invece mi piacerebbe tanto sbloccare i cantieri per l’ampliamento della Pontina che è fermo da dieci anni anche se tutti lo vogliono. Ma come faccio? Ogni campagna elettorale si gioca sulle inchieste giudiziarie: l’atmosfera è terribile”.
Un altro uomo della Lega, Paolo Tiramani, gli fa eco:“come fai a non aver paura dopo gli arresti avvenuti in Lombardia?”. “È la solita inchiesta ad orologeria, ma alla fine vinceremo lo stesso” dice Alessandro Giglio Vigna altro leghista.
Dunque, metti una campagna elettorale e automaticamente arriva un’inchiesta giudiziaria come quella di ieri che ha condotto in carcere un candidato alle Europee, un sottosegretario alla Regione, e una serie di coordinatori di Forza Italia. Inchieste che arrivano puntualmente alla vigilia di un voto come accade ormai da trent’anni. E nei Palazzi, come riferisce Augusto Minzolini, si dice che l’operazione politica è quella di colpire Forza Italia perché la “nuora”, ovvero la Lega, intenda. “Il colpo a noi è stato pesante, ma il fine di una certa magistratura è un avvertimento ai leghisti: state attenti a riallearvi con Berlusconi…” spiega Gregorio Fontana, responsabile dell’organizzazione degli azzurri.
La richiesta degli arresti, riguardo la vicenda lombarda, è di due mesi fa, ma hanno avuto il via libera alla vigilia del Consiglio dei ministri sul caso Siri e a 20 giorni dal voto europeo.
Intanto, oggi, il sottosegretario leghista Armando Siri, indagato per corruzione, è fuori dal governo. Nonostante la Lega lo abbia difeso fino all’ultimo, il premier Giuseppe Conte ha imposto la linea della revoca, sostenuta dal M5s che, sin dallo scoppio del caso, si è schierata per le dimissioni.