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App Immuni: tra gli azionisti Benetton, Berlusconi, Mediobanca e il fondo cinese Nuo Capital

App Immuni: tra gli azionisti Benetton, Berlusconi, Mediobanca e il fondo cinese Nuo Capital
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L’Italia si avvia verso la Fase 2 tra mille difficoltà. Il tema, in questo momento, è come affrontare il ritorno verso la normalità. Intanto il Governo ha deciso di affidare all’App “Immuni” gran parte delle responsabilità che, al contrario, dovrebbe assicurarsi l’esecutivo. Intanto si scopre che l’operazione intorno all’App produce soldi. Tanti soldi.

La firma di Arcuri

Il commissario straordinario per il potenziamento delle infrastrutture ospedaliere, Domenico Arcuri, ha firmato l’ordinanza con la quale si dispone “di procedere alla stipula del contratto di concessione gratuita della licenza d’uso sul software di contact tracing con la società Bending Spoons Spa”. Immuni, sarà in grado di tracciare i contatti interpersonali con i telefonini, permettendo quindi di conoscere i soggetti che sono venuti a contatto con un contagiato da Covid-19. Sull’operazione proprio la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha tenuto a precisare che Bending Spoons  “finanzierà autonomamente i propri costi e non riceverà alcun corrispettivo per il suo impegno”. In realtà la società ha dietro grossi finanziatori che ora vediamo nel dettaglio.

Chi è Bending Spoons

Bending Spoons S.p.A. è il primo sviluppatore di app d’Europa: ha già prodotto una dozzina di app per un totale di oltre 200 milioni di download complessivi. Guadagna 270.000 nuovi utenti al giorno in grado di produrre 45,5 milioni di fatturato nel solo 2018. La società è stata fondata a Copenhagen nel 2013 e nel 2014 è tornata in Italia.

Gli azionisti 

A far parte della galassia della Bending Spoons ci sono molti investitori. Oltre alla quota ceduta ai family office, l’80% è in mano ai quattro fondatori di Bending Spoons Luca Ferrari, Francesco Patarnello, Matteo Danieli e Luca Querella. Un altro 10% circa appartiene ai collaboratori.   

Entrano i Berlusconi

Il 4 luglio 2019 viene annunciato l’ingresso nel capitale di H14 (family office italiano di Barbara, Eleonora e Luigi Berlusconi, azionista di Fininvest), Nuo Capital (holding di investimenti della famiglia Pao/Cheng di Hong Kong) e StarTip (veicolo controllato al 100% da Tamburi Investments Partners S.p.A che concentra tutte le partecipazioni in start-up e in società attive nel segmento del digitale e dell’innovazione). Il legame della società con la famiglia Berlusconi diventa tanto stretta al punto che la Mediamond, attiva nella vendita di tutti gli spazi pubblicitari presenti sui siti Internet e App editi da Mediaset, consente alla Bending Spoons di far “girare” l’App “Live Quiz” nel network adv di Mediamond.

Nuo Capital e Cassa depositi e prestiti

Tra gli azionisti della Bending Spoons, però, non ci sono solo capitali italiani. Grossi fondi arrivano anche dalla Nuo Capital, società facente capo alla più influente famiglia di Hong Kong: i Pao. “Nello specifico a Steven Chen, nipote di Sir Y.K. Pao, uno degli uomini d’affari cinesi più famosi che, negli anni ’50 del secolo scorso, arrivò a possedere la più grande flotta commerciale al mondo” scrive il Sole24Ore. Nuo Capital non è altro che uno dei tanti rami di questo impero. Fondato nel 2016 e guidato di Tommaso Paoli (l’ex Banca Imi di Intesa Sanpaolo che è rappresentante legale della società che fa capo alla lussemburghese N.U.O., ndr) Nuo Capital opera soprattutto nel private equity investendo in aziende che hanno potenzialità di sbocco in Cina.

Il fondo è entrato di recente in Proraso. Nuo ha messo le mani anche in Elite spa grazie a Cassa depositi e prestiti. Cdp e NUO Capital hanno acquisito una quota di minoranza in ELITE Spa, rispettivamente del 15% e del 10%. Un’operazione non di poco conto se si considera che Elite è la piattaforma, nata in Borsa Italiana nel 2012 in collaborazione con Confindustria, MEF e MISE, per il supporto alla crescita e la raccolta di capitali delle imprese ad alto potenziale. Oltre 600 società da 25 Paesi fanno oggi parte della community in continua crescita di Elite.

Le famiglie italiane: dai Benetton ai Berlusconi

Oltre ai già citati azionisti, compaiono anche altre famiglie di peso. Tra questi Renzo Rosso, Paolo Marzotto, Giuliana Benetton, i Dompè e i Lucchini. Poi spunta Mediobanca, il finanziere Davide Serra, il fondo internazionale Ardian e, ovviamente, la holding H14 dei tre figli di Berlusconi.

Il tema che si è posto a livello politico è, ovviamente, il rischio che tale App potrebbe avere per la tenuta della privacy.  

Intanto non si capisce ancora bene i dati della tracciatura dove finiranno e se i dati, già in possesso nei pc delle Aziende sanitarie locali, potranno dialogare con Immuni. Di questi temi si sta discutendo in queste ore. Non si sa, tra l’altro, se i dati possano essere conservati in una caserma o in una struttura di proprietà del ministero della Difesa o dell’Interno. Una cosa però è certa: tra i sistemi Ios e Android c’è un accordo di collaborazione per comunicare tra di loro anche via bluetooth. L’ipotesi iniziale era quella di utilizzare un sistema decentralizzato, quindi con la gestione dei dati affidata solo all’utente interessato, senza server o cloud. Ma il cittadino avrebbe dovuto scaricare l’app, e in caso di positività al virus, inviare l’alert. Due azioni distinte che avrebbe frenato ancor di più l’installazione, da parte dell’utente, dell’App.

L’allerta del Copasir

Sulla vicenda vuole vederci chiaro anche il Copasir. Il presidente, Raffaele Volpi, ha definito la questione “materia di sicurezza nazionale” e quindi il Comitato è pronto a convocare in audizione il commissario straordinario Domenico Arcuri per saperne di più sia sull’”architettura societaria” dell’azienda titolare del progetto che sulle “forme scelte” per l’affidamento e “la conseguente gestione dell’applicazione”. Non solo. Il dipartimento che sovrintende i Servizi segreti ha programmato l’audizione del ministro della Salute, Roberto Speranza, e in particolare, per Immuni, della titolare del dicastero dell’Innovazione, Paola Pisano, del direttore generale del Dis (Dipartimento informazioni e sicurezza), prefetto Gennaro Vecchione, e del vicedirettore Dis per la cybersicurezza, professor Roberto Baldoni.

Per il Copasir ci sono “implicazioni tra la sicurezza della Repubblica e la persistenza dell’emergenza del coronavirus”.  

Come se non bastasse ci sono anche aspetti legali da tenere conto. “L’utilizzo dei dati personali dei cittadini, soprattutto quelli sul loro stato di salute, anche se utilizzati per risolvere una gravissima crisi come quella Covid-19, deve obbligatoriamente sottostare ad alcune imprescindibili garanzie che impattano proprio sul piano politico e della sicurezza nazionale” spiega l’avvocato Stefano Mele, socio di Carnelutti studio legale associato. Indispensabile, inoltre, “verificare in maniera approfondita le relazioni, soprattutto economiche e di finanziamento, che la società aggiudicataria della realizzazione dell’app ha intessuto negli ultimi anni”.

Ecco perché i dati dei cittadini – e i backup di questi dati – devono essere conservati in sistemi informatici all’interno del territorio italiano e in sistemi che siano gestiti direttamente ed esclusivamente dal nostro Governo. sottolinea l’avvocato Mele. Bisogna “evitare, se possibile, di conservarli in sistemi nel cloud, perché inevitabilmente allontaniamo le informazioni da chi le gestisce, da chi le deve proteggere e da chi deve monitorare gli accessi” sottolinea l’avvocato.

Ma l’App sarà utile? A quanto pare no.

Secondo Andrea Lisi, avvocato, esperto di digitalizzazione, privacy e diritto dell’informatica, che si occupa da più di quindici anni di diritto dell’informatica, commercio elettronico, privacy ed eGov, dice che l’App, così come pensata, “molto probabilmente non servirà”. “Questa soluzione che prevede un tracciamento di prossimità attraverso la tecnologia bluetooth è simile a quella sviluppata a Singapore (scaricata da meno del 20% della popolazione) e ha fatto dichiarare al loro direttore dell’Agenzia di servizi digitali che il suo utilizzo debba ritenersi pericoloso per i troppi falsi positivi e negativi.” Dunque, per essere efficiente dovrebbe essere utilizzata da almeno il 60% della popolazione. Numeri che non sono stati raggiunti nemmeno con Facebook.

Nel caso si raggiungesse la percentuale, “come si intenderebbe garantire un utilizzo consapevole dell’applicativo in modo da consentire a tutti i cittadini italiani una redazione giornaliera di diari clinici digitali corretti e affidabili sul proprio stato di salute?” chiede Lisi.

 Ci sarà una contropartita gratuita del Governo?

“Questa società privata cederà tutti i codici sorgenti dell’applicativo mettendoli nella totale disponibilità del governo italiano? Verrà quindi garantito il gratuito riuso degli stessi? E lo sviluppo e la manutenzione dell’applicazione verranno forniti dalla stessa società sempre gratuitamente?”

Insomma, il premier è proprio sicuro che l’App non costerà nulla agli italiani?

di Antonio Del Furbo
antonio.delfurbo@zonedombratv.it
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