L’Associazione nazionale magistrati, potentissimo sindacato delle toghe, pretende, con una risoluzione che il gruppo ristretto dei capi dell’Anm ha diffuso, la corsia preferenziale per il vaccino anti Covid.
Ma dopo l’eco giornalistica che la richiesta ha scatenato, nessuno si assume più la paternità. Nemmeno Magistratura democratica, la corrente di sinistra che non solo tre giorni fa ha votato il documento, ma ha in Peppe Santalucia, presidente dell’Anm, un suo uomo di punta.
C’è poi chi, preso con le mani nel sacco, fornisce interpretazioni alquanto ardite; si invoca il fraintendimento, la forzatura, la macchina del fango, il livore. Eppure il documento è fin troppo chiaro, con il messaggio mandato dalle toghe al Paese: se non ci vaccinate il servizio giustizia rallenterà.
Un diktat, quello dell’Anm, che non solo arriva nel pieno della peggior pandemia dell’ultimo secolo. Arriva nel pieno del ciclone che poco prima ha colto in pieno la magistratura italiana, svelandone le trame occulte del potere. E l’Anm continua a farsi del male da sola.
Sull’Anm piomba addosso di tutto.
I più duri sono i magistrati di Articolo 101, la non-corrente che le sigle storiche della Magistratura vedono come il fumo negli occhi e accusano di populismo e fanatismo. Articolo 101 parla di “Castopoli” e accusa i vertici dell’associazione di stare “perdendo ogni contatto con la realtà”. “Non vogliamo pensare che si volesse istigare alla interruzione di un pubblico servizio”.
Il capo della Procura di Cremona, Roberto Pellicano, per anni pm a Milano, accusa i vertici di avere avanzato “una rivendicazione corporativa di cui proprio non si sentiva il bisogno”; la pm romana Antonia Giammaria va ancora più in là e restituisce la tessera dell’Anm in segno di dissenso per “assurde soluzioni saltafila che hanno solo l’effetto di gettare ulteriore discredito sulla categoria, salvo poi fare ancor più dannose marce indietro, peraltro peggiori del danno ormai arrecato”.
Una giornata molto brutta per l’Anm. Ma il procuratore di Lodi Domenico Chiaro tenta una difesa che fa tenerezza. Si domanda perché il “livore” della stampa non sia stato riservato anche alla corsia privilegiata concessa ai prof universitari. Per il resto, una catastrofe, di cui l’eco agita anche le chat interne alla categoria, il tradizionale sfogatoio contro le malefatte dei politici, dove stavolta a venire presi di mira sono invece i vertici della categoria.