Alle 10.30 di domenica scorsa, sulla spiaggia di Torvaianica, due uomini a bordo di una moto hanno esploso colpi di pistola tra i bagnanti presso lo stabilimento Bora Bora.
Uno di loro, volto coperto e pistola in pugno, si dirige sulla spiaggia. Cerca un cittadino di origine albanese che sta prendendo il sole. L’aggressore lo vede e spara due colpi, ferendolo alla spina dorsale.
Gli aggressori scappano, nascondendosi tra la folla. Il ferito, già noto alle forze dell’ordine, viene portato in eliambulanza al pronto soccorso dell’ospedale San Camillo. “È in pericolo di vita”, fanno sapere fonti sanitarie. Le pallottole l’hanno raggiunto alla spina dorsale.
La testimonianza
“Quell’uomo l’ho notato subito, perché era vestito da corsa, indossava occhiali da sole fotocromati e mascherina. Appena è arrivato si è messo a fare degli esercizi di allungamento, piuttosto goffamente. Non avrei mai immaginato che si trattasse di un killer”. Marta, 40 anni, è una maratoneta semiprofessionista. Il finto runner scende dalla moto. “Imbocca il cortile condominiale del civico 89 che porta direttamente alla spiaggia libera di Torvaianica – ricostruisce Marta – tra la mascherina e gli occhiali, aveva il viso completamente coperto. Si è guardato intorno, poi ha iniziato a fare stretching – aggiunge la donna – la scena mi ha colpito perché era buffo, sembrava che non avesse idea di quello che stesse facendo”.
I finti esercizi durano una decina di minuti. Finché il sicario non vede S. S., il 38enne compagno della titolare del “Bora Bora” avvicinarsi al canale di scolo per monitorare il livello dell’acqua. A quel punto, continua Marta, “in un attimo il finto runner si è diretto verso la riva, ha estratto la pistola e ha iniziato a sparare”.
Il killer sorprende la vittima alle spalle. Esplode due colpi. “Il primo è andato a vuoto”, prosegue Marta. Il secondo centra il 38enne alla colonna vertebrale, all’altezza del collo. “È stato terribile – esclama Marta – la gente ha iniziato a gridare disperata, scappava da tutte le parti. C’era anche un bambino di 10 anni accanto a quel ragazzo, è salvo miracolo”.
Il 38enne, con diversi precedenti per traffico di droga e che era uscito due mesi prima dagli arresti domiciliari, si accascia a terra. Mentre il killer scappa a piedi lungo il canale.
Le similitudini con “Diabolik”
L’esecuzione è simile a quella fatta su “Diabolik” Piscitelli, l’ex leader della curva Nord laziale. Piscitelli fu freddato con un colpo di pistola alla nuca mentre era seduto su una panchina al parco degli Acquedotti, a Roma, il 7 agosto dell’anno scorso. Anche in quell’occasione un sicario, travestito da runner, aveva sparato alle spalle della vittima.
Ucciso ultrà della Lazio: colpito alla testa. Le minacce ai giornalisti (video)
“Diabolik”, l’Irriducibile che si è fatto strada tra droga e fascismo
Sono molti i legami con quell’omicidio, a partire dal ruolo giocato dalla criminalità albanese, particolarmente radicata sul litorale di Ardea e Torvaianica. Ed è proprio in quegli ambienti che adesso i carabinieri della compagnia di Pomezia e di Torvaianica cercano i due aggressori del 38enne.
Il 7 agosto 2019 Diabolik è seduto su una panchina. Poco distante da lui ci sono alcune persone a spasso col cane. Un uomo vestito da runner e con occhiali scuri gli corre dietro e gli spara un colpo di pistola alla nuca. Quindi fugge via a bordo di una motoguidata da un complice. La dinamica di ieri è stata pressappoco uguale: con la vittima sulla riva. E il killer che, vestito con maglietta, pantaloncini da corsa e occhiali neri finge di fare stretching.
Omicidio Piscitelli: “Aveva debiti per questioni di droga”. Sullo sfondo la mafia albanese
E Piscitelli, stando a un’informativa del Ros, nei primi anni del 2010 a ponte Milvio era in contatto con una batteria di pugili albanesi. Poi il suo spessore criminale è aumentato. E tra le prime piste investigative seguite per il suo omicidio è emersa anche la vendetta per uno sgarbo al clan degli albanesi. Quello che è certo è che la sua morte è stata “un omicidio strategico, funzionale al riassetto di alcuni equilibri criminali, eseguito con una metodologia seria”, ha spiegato il procuratore di Roma Michele Prestipino in commissione Antimafia.
La risposta politica, in questi anni, è sempre stata sbagliata: si è sempre cercato di trattare la mafia a Roma come un fenomeno marginale, quando invece occupa ormai una parte centrale del segmento pubblico.