Nella regione in cui il potere è in mano a un uomo solo (Luciano D’Alfonso), accadono cose molto simpatiche. E non potrebbe essere diversamente visto che, appunto, l’abruzzese oltre ad essere forte e gentile è anche un po’, come dire, distratto.
Antonio Del Furbo
In questo weekend è bastato aprire qualche ombrello sulla testolina del Dio che ha raggiunto noi comuni mortali sulla Terra passando da Manoppello, che la ‘intellighenzia’, quella che conta e fa opinione sui Social e sui blog, ha riempito pagine e pagine di giornali (non di carta, almeno non sono stati abbattuti alberi) gridando allo scandalo.
A migliaia sui Social si sono strappati le pellicine delle unghie e succhiati il rossetto delle labbra per via di alcune donne che hanno coperto con l’ombrello D’Alfonso durante il dibattito all’interno dell’evento Fonderia Abruzzo. Sei ragazze hanno riparato da sole e pioggia gli ospiti sul palco e tanto è bastato a indignare il popolo dell’arrosticino.
Ombrelline. Questo il nome dato alle ragazze che volontariamente hanno “soccorso” i politicanti.
C’era bisogno di affibbiare questa parola a donne che, a meno di smentite, hanno scelto di correre sul palco a ‘difendere’ ‘big da Manoppello’ dalle gocce d’acqua aliene? Per il giornalismo che conta forse sì. Tutto è giustificato in nome della guerriglia a D’Alfonso. E non c’è umanità che tenga. D’altronde l’asse della guerriglia si è da tempo spostato dal piano politico al piano personale.
Un concetto, quello del “non rispetto” sconosciuto anche a qualche leone da tastiera che ci è andato giù pesante sulla questione.
“La cosa è andata così: quando la pioggia si è fatta battente, è stato richiesto l’intervento urgente di quattro volontari per tenere gli ombrelli. Si sono offerte quattro ragazze. Dovevamo dire di no perché erano donne? Se poi bisogna far polemica a tutti i costi” ha commentato Fabrizio Santamaita, portavoce del Presidente della Regione Abruzzo Luciano D’Alfonso.
Finita qui? Manco per niente.
“Il presunto ‘caso degli ombrelli’ accaduto a Fonderia Abruzzo è davvero una non-notizia, una boutade estiva giustificabile solo da una domenica senza la possibilità di andare in spiaggia” ha continuato Santamaita sul profilo Facebook di D’Alfonso.
“Nell’apprendere di queste polemiche, per la prossima edizione di Fonderia Abruzzo D’Alfonso ha ironicamente pensato ad un capitolato d’appalto nel quale sia prevista una voce riguardante i portatori di ombrelli in caso di sole e di pioggia, tutti rigorosamente di sesso maschile, magari capitanàti da Leombroni. Il Presidente ha anche confidato: “Disponevo di un cappuccio nella giacca ma non l’ho usato per non passare per affiliato alla massoneria”.
Insomma, se da una parte c’è chi cova odio verso “l’uomo solo al comando”, dall’altra c’è chi, evidentemente, fa scompisciare dalle risate nel mettere in atto una difesa che manco a un avvocato d’ufficio riuscirebbe peggio.
Nel mezzo della diatriba consumata a suon di “nullismo di contenuti” il popolo dell’arrosticino che applaude, commenta, attacca e difende a seconda del proprio idolo.
Fatto sta che nessuno (o forse pochi) si è indignato per qualcosa per cui c’era veramente da indignarsi.
Fonderia Abruzzo è stato un evento che è costato 39.500 euro (Iva esclusa) finanziato con soldi pubblici.
Fonderia Abruzzo è stato un palcoscenico per ribadire ancora una volta (come se ce ne fosse ancora bisogno) che il leader d’Abruzzo è lui: Luciano D’Alfonso.
E come divulgare il verbo al popolo dell’ex regione verde d’Europa? Pagando le testate giornalistiche.
Regione Abruzzo ha affidato alla società di comunicazione Mirus di Pescara il compito di pagare le testate per parlare dell’evento.
“Dalle carte e dai capitolati dall’appalto, vinto dalla società Mirus, spunta infatti l’elenco vergato a totale discrezione dalla Regione delle 9 televisioni e delle 11 e testate digitali, a cui proporre la promozione della seconda edizione dell’evento” scrive Abruzzoweb. Undici testate che si sono spartite 1100 euro. Somma, tra l’altro, destinata a testate decise dall’esecutivo regionale.
Su che base? Chissà.
E se il popolo dell’arrosticino s’indignasse per come vengono gestiti i fondi pubblici e per il tipo d’informazione che hanno? Forse vivremmo in un mondo migliore. Ma si sa, a noi piace sguazzare nel porcile.