È arrivato. Anzi: sono arrivati. Sono loro, giunti in mezzo a loro, agli abruzzesi forti e gentili. Il Marsilio presidente, vissuto a Roma e con origini abruzzesi (ci tengo a dirlo, eh), ha stravinto in Abruzzo e portato a casa il risultato: è lui il nuovo governatore della regione verde d’Europa. Sì, proprio lui, l’uomo imposto da Roma e deciso a Milano dai vertici del centrodestra: Matteo Salvini, Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni. Già che c’erano, e ruotavano intorno ai tavoli romano-milanesi, hanno dato il loro assenso anche Ignazio Larussa e Maurizio Gasparri. Insomma: bella gente, bella situazione.
di Antonio Del Furbo
Da oggi, dunque, con il quasi 50% dei voti al centrodestra, e quasi il 30% alla Lega, l’Abruzzo è fuori dal tunnel terronico (che, vorrei dire a Toninelli, non esiste). I leader nazionali hanno sdoganato l’arrosticino ergendolo a simbolo identitario di un popolo che, fino a pochi anni fa, era considerato, dal club leghista di bossiniana memoria, terrone. Un simbolo che, a questo punto, potrebbe sostituire anche l’ampolla del Dio Po. Si tratta di aspettare. E con calma. Perché in queste ore di giubilo bisogna godersi la vittoria e rassicurare i terremotati, i pastori, gli stazzi, “i pesciaroli” della costa, che tutto sarà possibile e che un nuovo miracolo, questa volta italiano e non padano, sarà possibile. E per il bene di tutti.
Lontano il tempo in cui quel gran paragnosta europarlamentare (pensate un po’) Mario Borghezio urlava dallo stato padano:“Questa parte del Paese non cambia mai, l’Abruzzo è un peso morto per noi come tutto il Sud. Il comportamento di molte zone terremotate dell’Abruzzo è stato singolare, abbiamo assistito per mesi a lamentele e sceneggiate”.
Persino il buon Matteo (Salvini) nel 2012 scriveva su Facebook:“Una sciura siciliana grida e dice ‘vogliamo l’indipendenza, stiamo stanchi degli attacchi del Nord’. Evvaiiiiiiii”. Nel settembre del 2012 Vito Comencini, segretario di sezione e vice coordinatore provinciale dei Giovani padani, su Radio Padania, proponeva:“Carta igienica al Sud, che devono ancora capire a cosa serve”. Insuperabile Stefano Venturi, segretario della Lega di Rovato, Brescia, che riguardo il terremoto in Emilia nel 2012 scrisse:”Terremoto nel nord italia… Ci scusiamo per i disagi ma la Padania si sta staccando (la prossima volta faremo più piano)…”.
Tutto passato, tutto buttato nella storia da dimenticare. La parola d’ordine è: revisionismo. E chi l’ha detto che bisogna revisionare solo la storia dei fasci e delle foibe? Occorre urgentemente ridare alla storia politica del nostro Paese, una nuova narrazione, possibilmente in chiave Social. Gli abruzzesi, così, si chinano a baciare le mani alla tradizione di destra, quella della fiamma che ancora batte nel cuore dei nostalgici e che si identificano in un volto simpatico e carino: quello di Giorgia. L’amica Giorgia. La romana, ex berlusconiana, con radici ben affondate nella destra (quella che conta) romana. Quella destra in cui è germogliato il neo governatore della Regione Abruzzo e che in quegli ambienti è definito la “Colomba”. L’uomo giusto al posto giusto che, con il suo accento romano, ha già chiaro il da farsi per avvicinare l’Abruzzo, il suo Abruzzo, al Dio Po. Un’operazione che comporterà del tempo, molto tempo.
Ora si tratterà di capire solo una cosa: quando peserà il voto abruzzese sulla coalizione nazionale? Salvini tornerà con i suoi amici del centrodestra o continuerà a usare i 5 stelle per accrescere ancora più voti ed ergersi a uomo (partito) solo al comando?
Intanto nell’Abruzzo dannunziano è in atto uno scontro tra la cultura del Nord e quella romana. Vedremo chi soccomberà.