In Abruzzo accade di tutto e di più, specie in questo periodo in cui sono arrivati, contemporaneamente, neve e terremoto. La corsa è, a quanto pare, alla deresponsabilizzazione da parte di chi, invece, dovrebbe tutelare i cittadini.
Antonio Del Furbo
E il cerino rimane, come sempre accade in Italia, non in mano ai potenti ma, nemmeno a dirlo, ai sindaci. E a che sindaci! A quelli che a malapena hanno soldi per la benzina dello scuolabus piuttosto che per la manutenzione delle strade. Ecco, a questi sindaci spesso capitano storie (vere) al limite del ridicolo.
“Invio la mail ricevuta il 29 gennaio dal Centro Operativo Regionale in merito ad una allerta valanghe, con la quale dovrei inibire praticamente tutto il territorio comunale alla frequentazione della popolazione, quindi dei cittadini di Rapino”.
A scrivere è il sindaco di Rapino (Ch), Rocco Micucci, protagonista della vicenda.
Dunque, Micucci il 29 gennaio riceve una mail nella sua posta personale, in cui il dirigente Vicario del Centro Operativo Regionale, Antonio Iovino, scrive:
“Con riferimento al sopralluogo effettuato in località Passo Lanciano sul pendio a monte del Rifugio Pomilio da parte della Unità tecnico Scientifica di valutazione, inerente il rischio valanghe, si comunica che non sono stati osservati fenomeni valanghivi nelle zone a monte e adiacenti al rifugio.”
Tutto tranquillo quindi? Manco per niente. il dirigente precisa:
“Si invita comunque codesta Amministrazione a mantenere alto il livello di attenzione, informando la popolazione sulla possibilità di rischio valanghe ed invitandola a limitare la frequentazione delle aree non abitate oggetto di possibili rischi.”
Sostanzialmente Iovino dice che è tutto a posto, che non c’è rischio valanga ma il sindaco deve allertare la popolazione. Perché? Per Micucci il dirigente ha il:
“solo scopo di voler pararsi il sedere” e non quello di fare effettivamente prevenzione.
Nella risposta del 30 gennaio, Micucci scrive anche a prefettura, Provincia di Chieti, alla Regione Abruzzo e alla Protezione civile:
“Il sopralluogo effettuato in località Passo Lanciano sul pendio a monte del Rifugio Pomilio non può essere stato effettuato. Infatti il Rifugio Pomilio si trova in località Maielletta ad una altitudine di 1.888 metri. La località Passolanciano invece si trova ad una altitudine di 1.300 metri s.l.m. Pertanto non si comprende dove questa Unità Tecnico Scientifica si sia recata per il sopralluogo e se la stessa Unità abbia compresa dove si è recata.”
Insomma, stando alle dichiarazioni del sindaco l’Unità pare non abbia avuto ben chiaro dove si trovasse a fare rilevamenti. Oppure a non saperlo è il dirigente. Micucci aggiunge:
“Ammesso anche che il sopralluogo si sia svolto a monte del Rifugio Pomilio, quindi a quote intorno ai 1.900 metri, appare evidente da quanto riportato che la richiesta di allertare la popolazione sulla possibilità di rischio valanghe e di invitarla a non frequentare le aree non abitate oggetto di possibili rischi sia del tutto inattuabile”.
Ovvero: perché il dirigente allerta del pericolo valanghe se a quell’altezza nessuno può arrivarci? E non è finita.
“A tal fine si chiarisce per chi ha scarsa conoscenza dei luoghi, tanto da confondere anche le altitudini delle località, che la popolazione del Comune di Rapino risiede in un centro abitato che dista oltre 7 chilometri in linea d’aria, (26,1 chilometri stradali), dai luoghi che sarebbero stati oggetto di sopralluogo. Pertanto non avendo avuto indicazioni precise di quali sarebbero le “aree non abitate oggetto di possibili rischi”, significherebbe che il sottoscritto dovrebbe interdire (limitare che vuol dire?) circa 16-18 dei 20 chilometri quadrati del proprio territorio alla frequentazione della popolazione. E tutto questo tenendo conto “che non sono stati osservati fenomeni valanghivi nelle zone a monte e adiacenti al rifugio”.
Possibile o probabile?
“La possibilità riguarda l’esistenza di qualcosa in senso assoluto, è una caratteristica qualitativa e la risposta alla domanda «È possibile?» ha la forma del sì o del no. La probabilità riguarda invece l’esistenza in senso relativo ed è una caratteristica quantitativa; alla domanda «È probabile?» si può rispondere sì o no ma subito dopo viene l’altra domanda, che è la forma compiuta e sensata di domanda sulla probabilità: «Quanto è probabile?» o anche «Quante probabilità ci sono?». Da una Unità Tecnico Scientifica di valutazione e da un organismo tecnico come il Centro Operativo Regionale ci si aspetta che vengano date indicazioni e riferimenti quantitativi, cioè corroborate da dati e numeri, affinchè il Sindaco, ultimo anello di una catena di responsabilità, possa in scienza e coscienza prendere idonei provvedimenti.”
“Chiedo al Presidente della Regione, cui questa mail e relativo allegato viene indirizzata, di valutare di rimuovere il Dirigente firmatario di detta comunicazione per possibile procurato allarme, avendo inviato al sottoscritto Sindaco e Autorità di Protezione Civile locale una nota che richiederebbe l’attuazione di procedure di emergenza (limitare la frequentazione delle aree non abitate) senza che vi sia la presenza di un reale pericolo e soprattutto in maniera generica senza indicazioni quantitative e localizzate”.
È possibile tutto ciò? Sì, in Italia.