Nella cella della morte sono avvenuti centinaia e centinaia di pestaggi e, stranamente, nessuno pare se ne sia mai accorto. Nemmeno la Procura di Napoli che, solo dopo un’intervista di un detenuto che ha raccontato di aver subito violenti pestaggi, ha aperto un’inchiesta.
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Nella cella della morte sono avvenuti centinaia e centinaia di pestaggi e, stranamente, nessuno pare se ne sia mai accorto. Nemmeno la Procura di Napoli che, solo dopo un’intervista di un detenuto che ha raccontato di aver subito violenti pestaggi, ha aperto un’inchiesta.
Della cella usata per le torture in tanti sapevano ma in tanti facevano finta di nulla. In quella cella i secondini hanno messo in atto per anni una vera e propria macchina del pestaggio. In tanti, tra i massacrati, aveva parlato e denunciato ma nessuno è mai intervenuto.
“Questo carcere è fuori legge, è contro la legge” ha detto qualche giorno fa don Franco Esposito, cappellano di Poggioreale. Dopo l’ennesima denuncia di un detenuto la Procura apre l’inchiesta ma ci tiene subito a precisare:”Atto dovuto”. Come se si dovesse giustificare dell’azione. Come se la Procura napoletana dicesse:”noi apriamo l’inchiesta ma non dipende da noi l’apertura del fascicolo d’inchiesta”.
Un ex detenuto ha raccontato a ‘Fanpage.it’:”Erano le dieci e mezza di sera. All’improvviso, senza motivo sono stato portato giù nella cella zero: le guardie mi hanno fatto spogliare nudo, mi hanno picchiato, mi hanno umiliato. La cella zero è una cella del piano terra dove ti puniscono, ti picchiano, è isolata da telecamere e da tutto”. I testimoni hanno visto schizzi di sangue da tutte le parti.
Un altro detenuto al settimanale ‘L’Espresso’ ha raccontato che era stato condannato a due anni e dieci mesi per ricettazione di buoni pasto per un valore di trentamila euro:”Durante la permanenza nel carcere di Poggioreale è stato vittima di atti di violenza da parte di tre guardie penitenziarie: trascinato di notte in una cella isolata dell’istituto di pena, ha spiegato di esser stato costretto a denudarsi completamente per poi essere percosso con pugni e calci. L’ex detenuto è uscito dall’istituto di pena lo scorso 10 gennaio, ma già dietro le sbarre aveva deciso di denunciare le violenze subite.
Luigi, 42 anni, comproprietario di una salumeria a Napoli, sposato con figli adolescenti, dopo un primo periodo detentivo, in appello ottiene gli arresti domiciliari con successiva autorizzazione a riprendere il lavoro. Un giorno, andando al negozio, fa tardi e sfora l’orario assegnato dai giudici. Per lui ricominciano i guai. La Corte di appello aggrava la misura restrittiva e così Luigi finisce di nuovo a Poggioreale. Nei due mesi e mezzo di detenzione che deve ancora scontare gli capita un incidente: cade dal letto a castello, un terzo piano a quattro metri dal pavimento, e si frattura una caviglia. Poi, in una notte di luglio arriva il pestaggio da parte di tre agenti penitenziari.
Scontata la pena e tornato libero, Luigi ha messo nero su bianco il racconto dei maltrattamenti subiti dietro le sbarre”.
Il Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) ha offerto massima collaborazione ai magistrati. E vorremmo vedere. Ci mancherebbe. Finora il Dap cos’ha fatto? Sonni tranquilli.
Federico Perna a soli 34 anni è morto in carcere. Proprio quello di Poggioreale. Federico viveva in cella con altre 11 persone. Aveva contratto l’Epatite C, era tossicodipendente e aveva la cirrosi epatica. Non l’hanno mai curato e, anzi, l’hanno pure picchiato.
Federico è morto. Non ce l’ha fatta. È morto nonostante avesse chiesto aiuto al direttore del carcere e alla magistratura. Nulla. Indifferenza. La legge è legge.
Per la legge Federico è morto. Bastardi.
ZdO