Sede dei Servizi segreti di Roma
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La questione politica da tempo sta facendo traballare il governo giallo-rosso. Inoltre, l’incapacità di portare a termine le grandi questioni economiche, utili per l’Italia, sono sotto gli occhi di tutti. 

A questo si aggiunge, come se non bastasse per far tornare al voto gli italiani, anche la vicenda dei Servizi segreti di cui abbiamo parlato nei giorni scorsi.

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In mezzo c’è di tutto: dal Russiagate alla vicenda dei trafficanti libici in visita nei ministeri. Non solo. C’è il coinvolgimento di pezzi da novanta dei nostri 007 nell’inchiesta su Antonello Montante. 

La vicenda Exodus

In questo caos generale cala anche il peso della magistratura che, con le sue inchieste, sta aprendo uno squarcio all’interno del mondo dei Servizi segreti italiani. La procura di Roma ha messo a fuoco, infatti, un sistema spyware che una ditta di Catanzaro, la E.Surv, ha venduto anni fa a procure di mezza Italia per effettuare intercettazioni telefoniche attraverso l’inoculazione dei trojan nei cellulari degli indagati. Non solo: Exodus è stato acquistato anche dall’Aisi e dall’Aise. Per questo, in un’inchiesta parallela della procura di Napoli,




Lo scorso maggio i pm di Napoli in un’inchiesta parallela hanno arrestato il proprietario della srl calabrese e il creatore della piattaforma informatica. Le accuse sono quelle di aver effettuato intercettazioni illecite su soggetti estranei a qualsiasi indagine penale e aver compiuto una frode in pubbliche forniture. I dati sensibili di Exodus sarebbero finiti non all’interno di server protetti ubicati sul territorio nazionale ma in un archivio segreto su un cloud Amazon in Oregon, Usa.  

Perché comprare Exodus?

I giudici stanno cercando di capire il motivo per il quale le agenzie di intelligence hanno voluto comprare il malware. Luciano Carta, il generale della Finanza oggi numero uno dell’Aise, è uno di quelli ascoltati dai magistrati. Exodus è stato acquistato tra fine del 2016 e l’inizio del 2017, quando il generale della Finanza era semplice numero due di Alberto Manenti. Le deleghe sui sistemi di sorveglianza interni e sulle intercettazioni preventive, come riferisce L’Espresso, erano però in mano a Giuseppe Caputo, allora capo di gabinetto di Manenti e oggi attuale vicedirettore dell’Aise. “Fu lui, d’accordo con l’allora direttore, a decidere di comprare Exodus”. La piattaforma, comprata per circa 350 mila euro con un versamento in contanti, era stata consigliata da Sergio De Caprio, alias Capitano Ultimo, che in quel periodo aveva lasciato i Carabinieri per approdare all’Aise.

Le intercettazioni abusive

La procura teme che qualcuno dentro l’Aise possa aver effettuato intercettazioni abusive. Fonti dell’intelligence evidenziano che tutte le intercettazioni effettuate avrebbero tutte le autorizzazioni necessarie. In primis quella della procura generale della Corte d’Appello di Roma, guidata da Giovanni Salvi. Exodus, però, non sarebbe stato utilizzato perché non c’erano i requisiti richiesti per la sicurezza. L’utilizzo fu fatto, pare, solo nell’inchiesta che ha coinvolto Luca Palamara: il Gico della Guardia di Finanza riuscì ad infettare il cellulare dell’ex pm e non quello degli altri indagati che non aprirono l’Sms che nascondeva il virus, restando così immuni dalle intercettazioni ordinate della procura di Perugia.

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Sono molti ad essere interessati allo sviluppo delle investigazioni. Nei Servizi segreti, al governo, ma anche dentro l’ufficio giudiziario di Roma. Tra l’altro uscì anche il conflitto d’interessi del pm Racanelli perché suo fratello Paolo, nei mesi in cui Ultimo tentò di usare Exodus per incastrare presunte talpe interne all’agenzia, lavorava proprio nell’Aise.

Il patto

Oltre all’inchiesta sul malware Exodus c’è anche la condanna a 14 anni di carcere di Antonello Montante, l’ex numero uno di Confindustria Sicilia che aveva “occupato, mediante corruzione sistematica e raffinate operazioni di dossieraggio, molte istituzioni regionali e nazionali”. La sentenza cita anche due pezzi grossi dell’Aise, Mario Parente e Valerio Blengini, oggi numero uno e due dell’Aisi, che avrebbero entrambi detto bugie ai giudici. L’Espresso rileva che “Blengini e Parente mentono sapendo di mentire dice il gup Graziella Luparello. Per preservare un patto scellerato, al quale potrebbe aver aderito, lo si afferma con grande desolazione, anche l’attuale direttore generale Mario Parente”

Il ruolo di Giuseppe Conte

È noto che Conte ha chiesto al suo fedelissimo Gennaro Vecchione, a capo del, Dis di incontrare ad agosto e settembre il ministro della Giustizia William Barr. L’uomo che insieme al procuratore John Durham sta indagando sull’ipotesi che Donald Trump, accusato di essere stato aiutato dai russi nella campagna elettorale del 2016, sia al contrario vittima di un complotto ai suoi danni ordito da pezzi dell’Fbi e dai democratici, con l’aiuto di governi e servizi di alcuni paesi alleati.

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Incontri segreti di cui Conte non informò nessuno, nemmeno il Quirinale. Riunioni che alcuni giudicano fatto gravissimo e che molti valutano quantomeno inopportuni, dal momento che Barr è un’autorità politica, e che i servizi segreti possono scambiare informazioni solo con i loro omologhi. Il presidente del Consiglio e Vecchione, interrogati davanti al Copasir, hanno minimizzato gli eventi, negando con forza che i nostri 007 abbiano girato a Barr informazioni sensibili sul presunto complotto.  

“L’indagine di Durham è molto importante, sento che è una delle indagini più importanti nella storia del nostro Paese”, ha ribadito il presidente americano. A Palazzo Chigi sottolineano che le eventuali responsabilità politiche e quelle inerenti al “mancato controllo” siano da addebitare a chi c’era prima, e che Conte e i nuovi vertici da poco insediatesi nulla potevano sapere.

Di admin

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