«Prima di avviare qualunque altra iniziativa in Italia, abbiamo bisogno di poter contare sulla certezza di gestione e su un quadro normativo chiaro ed affidabile». Sono le parole pronunciate da Sergio Marchionne amministratore delegato di Fiat Auto, nel corso dell’annuale cerimonia allo stabilimento Sevel di Atessa.
«Prima di avviare qualunque altra iniziativa in Italia, abbiamo bisogno di poter contare sulla certezza di gestione e su un quadro normativo chiaro ed affidabile». Sono le parole pronunciate da Sergio Marchionne amministratore delegato di Fiat Auto, nel corso dell’annuale cerimonia allo stabilimento Sevel di Atessa.
Duello con la Fiom
Parlando della guerra giudiziaria aperta con la Fiom, il manager ha osservato:«Abbiamo bisogno di sapere che gli accordi vengano rispettati, che vengano riconosciute e tutelate la libertà di contrattazione e la libertà di fare impresa, come avviene nei Paesi di normale democrazia. Sarei un ingenuo se non sapessi che, come industriale, appartengo ad una categoria cui spesso è stato fatto carico di aver determinato lacerazioni e contrasti nel tessuto sociale del Paese. Ma gli atti della Fiat, il coraggio che stiamo dimostrando, scommettendo e investendo sull’Italia, sono una prova tangibile del nostro impegno e della nostra forza unificatrice che l’industria puo’ rappresentare per il Paese. I nostri lavoratori, quelli già rientrati in fabbrica e quelli per i quali stiamo costruendo la possibilità di farlo, sono un pezzo importante dell’Italia. Sono loro che stiamo cercando di tutelare. Non è solo vero che la Fiat è in questo paese da 114 anni, è vero soprattutto il contrario: da più di un secolo c’è il paese dentro la Fiat. Ci sono le aspirazioni, le qualità e l’energia del popolo italiano. È per loro che chiediamo rispetto, che chiediamo certezze».
Si dice disponibile ad un incontro avanzato dalla Fiom dopo la pronuncia della Corte Costituzionale sulla rappresentanza sindacale in fabbrica, ma non intende rimettere in discussione gli accordi già siglati. «Siamo più che disposti ad incontrarli – ha detto Marchionne – tenendo come dato acquisito che non possiamo assolutamente mettere in discussione accordi già presi dalla maggioranza. Accordi che peraltro sono stati cruciali nel dare vita a realtà produttive d’eccellenza a livello europeo».
L’articolo 18 è stato cancellato dalla Fiom
«Per ironia della sorte, la modifica dell’articolo 19 introdotta nel 1996 è stata voluta proprio dalla Fiom che ha appoggiato un referendum popolare promosso da Rifondazione comunista e dai Cobas». La precisazione arriva dall’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, a proposito della sentenza della Consulta sulla rappresentanza sindacale nelle aziende.
Un patto sociale per uscire dalla crisi
Sergio Marchionne, chiede per l’Italia un “patto sociale” per uscire dalla crisi. «Il vero punto di svolta, per il nostro Paese – ha rimarcato l’Ad Fiat – è ritrovare uno spirito comune, uno scatto d’orgoglio da parte di tutti». L’Italia deve sforzarsi per condividere gli impegni, le responsabilità e i sacrifici e per dare all’Italia la possibilità di andare avanti. Insomma per Marchionne deve esserci un patto sociale che cancelli le opposizioni e le distinzioni, ideologiche e non, tra le varie fazioni. Bisogna varare un piano di coesione nazionale per la ripresa economica. Per Marchionne «tutti devono partecipare: la politica, i sindacati, le imprese, le università, le associazioni di categoria».
Poi ha proseguito:«Mi rendo conto che quando si introduce un cambiamento non ci si puo’ aspettare un consenso unanime. Ma non si fanno gli interessi dei lavoratori difendendo un sistema di relazioni industriali che non e’ in grado di garantire che gli accordi stipulati vengano effettivamente applicati».
Non di soli diritti si vive
L’Ad Fiati in riferimento al momento socio-economico del momento commenta:«Se continuiamo a vivere di soli diritti, di diritti moriremo». Marchionne cita:«il diritto al posto fisso, al salario garantito, al lavoro sotto casa; il diritto a urlare e sfilare, il diritto a pretendere. Lasciatemi dire – ha sottolineato l’amministratore delegato della Fiat – che i diritti sono sacrosanti e vanno tutelati. Se, però, continuiamo a vivere di soli diritti, di diritti moriremo. Perché questa ‘evoluzione della specie’ crea una generazione molto più debole di quella precedente, senza il coraggio di lottare, ma con la speranza che qualcun altro faccia qualcosa. Una specie di attendismo che è perverso ed è involutivo. Per questo – ha detto ancora Marchionne – credo che dobbiamo tornare ad un sano senso del dovere, consapevoli che per avere bisogna anche dare. Bisogna riscoprire il senso e la dignità dell’impegno, il valore del contributo che ognuno può dare al processo di costruzione dell’oggi e soprattutto del domani».
Fatturato Fiat triplicato
Da un orizzonte limitato all’Europa a una presenza in tutto il mondo; fatturato triplicato e dipendenti raddoppiati. Questa la crescita della Fiat in 9 anni descritta da Marchionne, Ad Fiat-Chrysler.
«Nel 2004, il nostro fatturato era di 27 miliardi di euro, oggi è arrivato a 84 miliardi. Da 100mila dipendenti siamo passati a 215mila. In meno di un decennio i lavatori Fiat in Europa sono cresciuti di 15mila unita». Nel 2004 Fiat era un produttore di auto dalle dimensioni modeste, con circa 1,8 milioni di unita’ all’anno; a fine 2012 Fiat e Chrysler hanno venduto piu’ di 4,2 milioni di veicoli, posizionandosi al settimo posto tra costruttori mondiali.
Azienda in profondo rosso
«La Fiat di allora era un’azienda in profondo rosso, le cui perdite a livello operativo erano di oltre un miliardo di euro l’anno, tutte concentrate in Europa. Adesso siamo un gruppo solido capace di generare significativi profitti nonostante le perdite collegate ai marchi generalisti in Europa. Dalle potenziali ceneri di un costruttore italiano, abbiamo creato un gruppo automobilistico con un orizzonte globale».
L’Italia ha vissuto sopra le proprie possibilità
«L’Italia ha vissuto al di sopra delle sue possibilità, concentrato ad inseguire ricchezze che diventavano sempre piu’ scarse». In questo modo:«gli italiani si sono ritrovati con le tasche vuote». Per il manager:«l’unico modo per risalire la china e’ invertire un ciclo economico avvitato su se stesso e tornare a produrre».
La Sevel è una grande forza
«Questo stabilimento ha una grandissima forza, il fatto che siamo i leader nella classe di questi furgoni in Europa dice molto: tra l’altro lo stiamo usando come un polo per esportare componentistica sia in Nord America che in Sud America perché c’è molto lavoro. Sono orgoglioso degli abruzzesi e dello stabilimento. L’impegno a risanare la produzione europea è essenziale: lo sforzo lo stiamo facendo sia con Melfi adesso che con il rilancio dei marchi premium della Fiat, essenziali per completare i processi. E non siamo lì: è un lavoro per cui ci vorrà tempo, in un mercato che è ancora estremamente debole in Europa. Se quest’anno arriviamo a 1,3 milioni di autovetture in Europa siamo fortunati».