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Lo show è concluso, gli elettori ricompattati, le percentuali di voto salve. Fondamentale la pagliacciata di deputati e senatori davanti Montecitorio, su ordine di Casalino, che si sono radunati con Di Maio con uno striscione di carta e con l’immagine di tante poltrone. Il capo politico l’ha strappato e dietro ne è apparso un altro con l’annuncio del famoso miliardo di risparmi.

Peccato non dire, però, che quel miliardo sarà spalmato su venti anni dall’entrata in vigore della riforma. E, infatti, il caso ha voluto che quelle forbici che dovevano essere usate per il taglio non sono state usate perché erano rotte. Un segnale dal futuro? Chissà. Intanto, per ora, le lobby ringraziano.

Una data, quella dell’8 ottobre 2019, però, che porta con sé un altro aspetto poco edificante. Diciamo così una coincidenza che appare inquietante. Per la seconda volta in oltre 150 anni di storia dell’Italia unita i deputati diventano 400, stesso numero di due legislature fasciste. Un ottimo lavoro insomma, specie per Pd e Leu che hanno votato a favore del taglio insieme alla destra. Proprio a loro direi che, forse, non ce n’era bisogno visto che la nostra democrazia pluralista, oltre a essere stata amputata con il voto di ieri, è “minacciata” anche da forze politiche (le maggiori) che hanno in cuore un’anima populista. I deputati di quella sinistra che si richiamano alla cultura del socialismo avrebbero dovuto dire in Aula al Movimento 5 stelle di abbandonare le ambiguità populiste e antiparlamentari e approdare ad una più matura visione della lotta politica entro le istituzioni.

Fin qui l’aspetto politico. Trattandosi di una proposta di legge di modifica della Costituzione, la legge produrrà degli effetti reali sul voto e sulle rappresentanze con il calo di deputati da 630 a 400 e quello dei senatori da 315 a 200, in aggiunta al taglio dei seggi dei deputati (da 12 a 8) e dei senatori (da 6 a 4) eletti all’estero. L’articolo 56 della Costituzione recitava:

“La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto.Il numero dei deputati è di seicentotrenta, dodici dei quali eletti nella circoscrizione Estero.Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i venticinque anni di età. La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall’ultimo censimento generale della popolazione, per seicentodiciotto e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti”.

L’altro articolo riformato, il 57, fissava che:

“Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero. Il numero dei senatori elettivi è di trecentoquindici, sei dei quali eletti nella circoscrizione Estero. Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette; il Molise ne ha due, la Valle d’Aosta uno. La ripartizione dei seggi tra le Regioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, si effettua in proporzione alla popolazione delle Regioni, quale risulta dall’ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti”.

Con la “riforma Fraccaro”, dal nome dal sottosegretario pentastellato alla presidenza del Consiglio, cambia il rapporto numerico di rappresentanza sia alla Camera dei deputati (1 deputato per 151.210 abitanti, mentre oggi era 1 per 96.006 abitanti) sia al Senato (1 senatore per 302.420 abitanti, mentre oggi era 1 ogni 188.424 abitanti). Questo comporterà la necessità di ridisegnare i collegi elettorali con un’altra legge. Tradotto vuol dire che ci saranno meno rappresentanti per territorio e, dunque, meno istanze da portare nel Palazzo. La realtà è che in Italia ci sarà meno democrazia e a vincere saranno quei partiti che, mettendo avanti il falso problema del risparmio, daranno vita a una potente casta pronta a imporre i suoi diktat al popolo.

Sul fondo appare sempre quello spettro della Casaleggio associati che tiene in piedi quel Moloch non ben identificato della piattaforma Rousseau.

Insomma, sono bastati pochi secondi per cancellare più di un terzo del Parlamento. Un colpo che si abbatte anche sugli eletti all’estero, che da 18 diventano 12. La percentuale è chiara: il 37,5 per cento dei seggi in meno con un risparmio che incide sulla spesa pubblica di appena lo 0,007 per cento.

La scure si è abbattuta anche su alcune regioni medio-piccole soprattutto al Senato: Friuli, Liguria, Marche, Abruzzo, Umbria, Basilicata, Sardegna. La presenza delle opposizioni, visto anche il nostro sistema tripolare, in queste aree geografiche rischia di scomparire. E ciascuna di esse avrà meno seggi del Trentino Alto Adige, che passerà invece da 3 a 6. “Complimenti, stiamo facendo un grande spot al Trentino”, ha detto ironicamente in aula il grillino ribelle Andrea Colletti. L’Abruzzo passerà da 7 a 4 rappresentanti.

Più danni che benefici quindi? Proprio secondo il deputato abruzzese a 5 stelle Colletti si direbbe proprio di sì. “È stata preferita la comunicazione politica all’efficacia dell’azione politica” ha detto il deputato. 

Sui senatori a vita, spiega sempre Colletti, “Attualmente quelli nominabili dal Presidente della Repubblica sono 5. Facendo un rapido calcolo sono l’1,59% rispetto ai senatori. Con la riduzione dei senatori essi, rimanendo nel numero di 5, rappresenteranno, rispetto ai senatori eletti, il 2,5%, aumentando esponenzialmente la loro incidenza. Per dire: saranno più i senatori a vita che i senatori eletti democraticamente nella mia Regione. Per ovviare a questo problema avevo proposto di spostare i senatori a vita alla Camera dei deputati (poiché più numerosa) o ridurli al numero massimo di 3 ma, questi emendamenti, sono stati bocciati”.

C’è, poi, la questione della rappresentanza regionale: “La modifica peggiore. Non so per quale motivo sia stato inserito nel Ddl costituzionale il principio che ogni Regione (tranne Molise e Valle d’Aosta) ed ogni Provincia Autonoma (e qui sta l’enormità) dovesse avere almeno 3 senatori. Per esempio il Trentino Alto-Adige (Province Autonome di Bolzano e Trento) avrà ben 6 senatori con una popolazione di 1 milione circa di abitanti. L’Abruzzo, con una popolazione superiore, avrà un numero di senatori inferiore (4); idem per la Sardegna (5), per le Marche (5) e per la Liguria (5). In Trentino Alto-Adige ci sarà un senatore ogni 171.000 abitanti. In Abruzzo ogni 326.000, in Sardegna ogni 327.000.Quindi, non solo le Province Autonome hanno attualmente una potestà legislativa e di tassazione notevolmente di favore rispetto alle altre regioni italiane (a statuto ordinario) ma, d’ora in avanti, avranno anche una rappresentanza notevolmente superiore alle altre regioni. Insomma un cittadino di Trento conterà il doppio rispetto ad un cittadino di Pescara o di Cagliari.
Un favore alle regioni del Nord contro gli interessi del Centro-Sud.”

Nessun sostegno è arrivato, però, alle argomentazioni del deputato dai compagni di partito consiglieri, proprio di quella regione, l’Abruzzo appunto, uscita tramortita dalla legge. “Il ‘taglio del numero dei parlamentari’ è sempre stato un tema cardine del M5S e forse, chi oggi lo critica, soprattutto dai banchi del Parlamento, avrebbe dovuto e potuto sollevarlo prima” spiega Sara Marcozzi, ex candidata a governatore della Regione.

Insomma, un’uscita niente male per chi avrebbe il compito di difendere le ragioni dell’Abruzzo.

Di admin

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