“Questo è un attacco alla democrazia ma i miei cittadini non lo meritano, combatteremo”. Così il sindaco non Nino Di Guardo, fino a qualche ora fa sindaco di Misterbianco e ora divenuto “ex” per via della decisione del Consiglio dei ministri di sciogliere il comune per condizionamenti da parte della mafia.
“Nel giro di un anno torneremo” ha affermato Di Guardo.
L’ex sindaco e deputato regionale del Pd è stato più volte primo cittadino del comune alle porte dell’Etna. Negli anni Ottanta e Novanta era sotto scorta per le sue campagne antimafia nel paese in cui a quel tempo si combatteva una dura guerra di mafia. Ora, a quanto pare, le cose pare siano cambiate in quanto il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, “a seguito di accertati condizionamenti da parte delle locali organizzazioni criminali”, ha deliberato lo scioglimento per diciotto mesi del Consiglio comunale.
“Il Consiglio dei ministri, con un’accusa infamante e inverosimile, ha sciolto il Consiglio comunale di Misterbianco – ha scritto in un comunicato l’ex sindaco – per infiltrazioni mafiose. Sono indignato. Con quest’atto incomprensibile le autorità statali umiliano e mortificano uno dei più virtuosi Comuni siciliani, esempio di legalità e buongoverno”.
Di Guardo ha anche puntato il dito contro il prefetto di Catania, Claudio Sammartino: “Non conosco ancora i contenuti della relazione con la quale il prefetto di Catania ha avanzato la proposta di sciogliere il Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose. Credo però che il prefetto, nel suo agire, sia incorso in un clamoroso abbaglio. Dico questo perché, sotto la mia sindacatura, nessuna azione amministrativa è stata condizionata da forze esterne e nessuna cosca mafiosa ha messo piede o ha trovato accoglienza o connivenza nel mio comune”.
Dunque per Di Guardo “Il decreto di scioglimento del Consiglio mi appare perciò come un’insopportabile provocazione, uno scandalo che grida giustizia, al quale reagiremo con assoluta determinazione per tutelare il buon nome e la dignità di una comunità ferita e oltraggiata ingiustamente. Oggi è un triste giorno per Misterbianco. Paradossalmente, lo scioglimento del Consiglio di Misterbianco per infiltrazioni mafiose obbedisce alla logica del potere mafioso. Si è voluta spegnere una voce istituzionale che inflessibilmente si è levata contro la mafia e il malaffare”.
Il vicesindaco Carmelo Santapaola è stato arrestato con l’accusa d’intestazione fittizia di beni perché coinvolto in un‘inchiesta sulle scommesse online gestite dai cugini. La procura – dopo le indagini di polizia, finanza e carabinieri – ha contestato a Carmelo Santapaola di essere titolare di fatto, assieme ai fratelli Carmelo e Vincenzo Placenti, indicati al vertice del gruppo legato a Cosa nostra, dell’Orso Bianco Caffè, locale già sequestrato il 14 novembre scorso.
Il prefetto di Catania Claudio Sammartino iniziò a verificare gli atti del comune in cerca delle prove di infiltrazioni mafiose.
“L’unico amministratore sotto inchiesta, Carmelo Santapaola, lo è per fatti privati, per intestazione fittizia, non per associazione mafiosa” ha aggiunto ancora Di Guardo. Poi, dice Di Guardo, i commissari che hanno indagato: “Hanno guardato tutti gli atti e cosa hanno trovato? Dov’è la mafia? Tutto questo succede per fatti del 2012, come mai i giudici non hanno fatto nulla da allora? Questo è un comune virtuoso abbiamo la raccolta differenziata al sessanta per cento, abbiamo realizzato tredici chilometri di pista ciclabile e un grande centro culturale, siamo in avanzo di due milioni di euro. Dove sarebbe la mafia in tutto questo?”.
Infine precisa: “Sanno tutti che il peggiore nemico della discarica sono io e la discarica è un grande centro di potere e finanziario, ci sono soci apparenti e soci occulti, forse anche politici”. “Questa è la prova che la democrazia non funziona, non si possono mettere insieme tre burocrati e decidere di sciogliere un comune.”