Una somma di denaro versata alla fondazione Open ma che aveva ricevuto a titolo di compenso professionale da una società. È per questo motivo che l’avvocato Alberto Bianchi è finito indagato dalla procura di Firenze per traffico di influenze illecite. Un’indagine che si allarga sul presidente della fondazione Open, cioè la cassaforte di Matteo Renzi negli anni della scalata al potere. Nell’indagine sarebbe coinvolto anche un altro fedelissimo storico di Renzi: Patrizio Donnini. È il fondatore dell’agenzia di comunizione Dotmedia che curava l’immagine delle prime edizioni della Leopolda. A raccontare i dettagli dell’indagine del procuratore Giuseppe Creazzo e dell’aggiunto Luca Turco sono il Corriere della Sera e la Verità.
L’inchiesta è scattata proprio per quel passaggio di denaro: dall’azienda a Bianchi e da Bianchi ai conti della fondazione. La Guardia di Finanza sta cercando di capire, dalla documentazione contabile sequestrata il 16 settembre scorso nello studio di Bianchi, qualcosa in più. Intanto si scopre che insieme all’elenco dei finanziatori della storica cassaforte renziana tra il 2012 e il 2018 Open ha incassato più di sei milioni di euro. I nomi di alcuni finanziatori sono stati pubblicati sul sito, altri invece non hanno dato il consenso a rendere note le donazioni: e dunque sono rimasti segreti. L’azienda sotto accusa è tra questi ultimi. Gli investigatori vogliono verificare se quel passaggio di denaro fosse in realtà un finanziamento illecito. L’ipotesi della procura di Firenze, dunque, è che Bianchi abbia mascherato con una consulenza legale la sua attività di “agevolatore” dei rapporti istituzionali della società. Tutto questo tra la fine del 2016 e il 2017 negli anni in cui Renzi era segretario del Pd mentre a Palazzo Chigi sedeva Paolo Gentiloni. La fondazione Open venne chiusa nel 2018, ha finanziato per anni la Leopolda e aveva come consiglieri di amministrazione Maria Elena Boschi (che ricopriva anche l’incarico di segretario generale), Luca Lotti e Marco Carrai.
Spunta l’uomo nuovo: Patrizio Donnini
Appropriazione indebita in concorso con Patrizio Donnini, imprenditore da sempre vicino all’area renziana. Da qui si parte per comprendere l’indagine condotta dai pm di Firenze e dagli investigatori della Guardia di Finanza.
Donnini è l’uomo che si occupa da sempre di comunicazione ed è stato tra i fondatori della DotMedia che ha lavorato per la Lepolda. Oggi guida la Keesy. La società offre servizi a chi gestisce i b&b in decine di città e ha stretto accordi con diverse amministrazioni, compresa quella di Firenze per quanto riguarda il pagamento e la riscossione dell’imposta di soggiorno nel settore extra alberghiero.
Donnini è uomo molto vicino alla famiglia Renzi: “Perdonami, Patrizio Donnini avrebbe bisogno urgente di darti una notizia posso dare tuo riferimento scusa e grazie”. La trascrizione si riferisce a un’intercettazione tra Tiziano Renzi all’ex ad di Consip, Luigi Marroni.
Oltre al business della comunicazione e del turismo Donnini ha avuto anche quello dell’eolico. E alla procura di Firenze interessa proprio questo aspetto in quanto l’ha indagato per appropriazione indebita e sospetto autoriciclaggio. Attraverso la sua Immobil Green Srl infatti acquista nel 2016 e 2017 cinque società autorizzate a produrre energia eolica. Dunque, le rivende in poco tempo a Renexia, riuscendo ad ottenere una plus valenza in totale di 950 mila euro. Ricavi che vengono segnalati dalla banca agli investigatori. Donnini non chiude un affare da poco: rivende a Renexia a un prezzo quattro volte superiore a quello di acquisto.
Nel caso in cui Renexia avesse sborsato inopinatamente una cifra inverosimile sarebbe la parte danneggiata. Viceversa, se l’ad, Lino Bergonzi, avesse agito con il consenso del gruppo non avrebbe danneggiato nessuno. Stando alle accuse, che vedono Bergonzi indagato per appropriazione indebita, è Renexia il soggetto leso.
Tornando a Donnini si scopre che la sua Dot Media è detenuta per il 50 per cento dalla ex moglie di Donnini, Lilian Mammoliti, mentre un altro 20 per cento è di Alessandro Conticini, fratello di uno dei cognati di Matteo Renzi. Come riferisce Il Fatto, il nome della Mammoliti “appare negli atti di un’inchiesta della procura di Cuneo, che vede la madre di Renzi, Laura Bovoli, accusata di bancarotta fraudolenta ed emissione di fatture false per operazioni inesistenti, per i rapporti che la società di famiglia, la Eventi 6, intratteneva con una società cuneese di volantinaggio, la Direkta, fallita nel 2014. Secondo quanto detto da un commerciali- sta ai pm di Cuneo, alla Mammo- liti era stata affidata la contabilità della Direkta Srl”.
Il sospetto degli investigatori è che l’imprenditore abbia rilevato le società dell’eolico con la certezza di poterle rivendere.
La Keesy srl (società estranea all’indagine fiorentina), riceve riserve proprio dalla Immobil Green. Nel bilancio 2017 ci sono 753mila euro di “versamenti c/capitale”. Nel 2018, alla voce “altre riserve” ci sono 795.287, che sono i versamenti effettuati nel corso del 2018 dal socio, la società controllante Immobil Green Srl.
Quella su Donnini non è l’unica inchiesta fiorentina che riguarda un renziano della prima ora: un’altra indagine ha messo nel mirino Alberto Bianchi, ex presidente della fondazione Open, la cassaforte del renzismo, ora accusato di traffico di influenze.