A quasi una settimana dallo scoppio dell’inchiesta che ha investito il pm ed ex consigliere del Csm Luca Palamara, irrompe sulla scena il Guardasigilli perché, dice, vuole vederci chiaro su cosa sta succedendo all’interno della magistratura. Meglio tardi che mai.
di Antonio Del Furbo
Alfonso Bonafede ha investito l’Ispettorato di via Arenula del compito di svolgere “accertamenti, valutazioni e proposte”. Il ministro della Giustizia, riferiscono fonti vicine al governo, è preoccupatissimo soprattutto per il fatto che la vicenda coinvolgerebbe anche le nomine del Csm. Sul punto, quindi, Bonafede ha scelto la linea del riserbo in attesa di capirci qualcosa in più.
Palamara è accusato di aver accettato gioielli e viaggi per pilotare le nomine dei magistrati a capo delle procure. In cambio avrebbe ricevuto 40 mila euro dagli avvocati Giuseppe Calafiore e Piero Amara per favorire la nomina di Giancarlo Longo a procuratore di Gela, non andata in porto. “Mai ricevuto pagamenti. Si stanno abbattendo su di me i veleni della Procura di Roma”, ha detto Palamara dopo 4 ore di interrogatorio da parte della Gdf.
L’inchiesta, com’è facilmente intuibile dalla carte che stanno venendo fuori, appare delicatissima. In ballo, tra l’altro, c’è un organo che rappresenta uno dei pilastri del sistema democratico, ovvero il Consiglio Superiore della Magistratura presieduto dal capo dello Stato e che appare in preda a faccendieri che premono per l’inserimento dei propri uomini nelle poltrone di comando.
Un gioco in cui si muovono esponenti di sinistra e di destra con un obiettivo unico: lo smantellamento dell’autonomia degli uffici inquirenti. E, probabilmente, il bersaglio è il modello Pignatone in grado di colpire il malaffare dei colletti bianchi e la nuova colonizzazione mafiosa della Capitale.
E il ministro Bonafede avrà compreso tutto questo? Chissà. Attendiamo che, intanto, il ministro si svegli.