L’effetto cambiamento in terra dannunziana stenta ad arrivare. Anzi: diciamo pure che mai arriverà viste le premesse. Da quando l’esecutivo regionale si è formato c’è stata solo ed esclusivamente una rincorsa alle poltrone con un cronoprogramma di nomi deciso sui tavoli romani.
Mesi fa ci ponemmo la domanda sul perché un governatore abruzzese dovesse essere deciso tra Roma e Milano: oggi, dunque, abbiamo la risposta. Andavano mantenuti i rapporti di potere e l’Abruzzo, insieme a Sardegna e Basilicata, non era altro che un pezzo di terra in cui spartire poltrone e potere rigorosamente romano, appunto. E oggi, in quel sistema fatto di spartizioni, pacche sulle spalle, interessi politici e personali ci si butta a capofitto anche il Movimento 5 stelle.
La farsa, infatti, dell’opposizione dura e pura è durata quel tanto per far credere agli elettori che le cose potessero cambiare.
L’ultima poltrona da assegnare in Regione Abruzzo era quella della Commissione di vigilanza che, secondo gli accordi tra maggioranza e opposizione, sarebbe dovuta andare al Pd e, dunque, all’ex vicepresidente del Csm Giovanni Legnini. Ma così non è stato. E, infatti, alla presidenza viene eletto Pietro Smargiassi dei 5 stelle con i voti, udite udite, di Lega e Forza Italia.
“Altro che organo di controllo: la Commissione di garanzia diventa il terminale politico in Abruzzo della maggioranza di Governo Lega/5 Stelle. Lo Statuto della Regione riserva alle opposizioni la designazione, mentre invece è stata la maggioranza a decidere il proprio controllore” fa notare Silvio Paolucci ex assessore regionale alla Sanità.
La poltrona era molto ambita dallo stato maggiore del Movimento abruzzese, tanto che proprio Sara Marcozzi era convinta che “Nessuno più del M5S può svolgere al meglio il ruolo di vigilanza all’interno di Regione Abruzzo”. Una convinzione talmente alta al punto da andare a Roma e usare Luigi Di Maio per convincere Matteo Salvini a imporre al centrodestra di votare per Smargiassi. E così è stato. E poco importa se, grazie agli accordi precedenti con l’opposizione, era stato eletto Domenico Pettinari alla vicepresidenza del Consiglio regionale e Lorenzo Sospiri presidente.
“La riprova dell’accordo spartitorio – precisa ancora Paolucci – è data dalla mancata elezione del Presidente della Quarta Commissione, che la maggioranza – rappresentata in modo singolare e anomalo dal Presidente del Consiglio Sospiri – ha chiesto di rinviare per contrasti interni alla Lega sul nome da designare. In tale occasione i consiglieri del Movimento Cinque Stelle si sono assentati per far mancare il numero legale e garantire un aiutino alla Lega”.
Lontano il tempo (qualche giorno fa in realtà) in cui la Marcozzi scriveva su Facebook:“E poi, siccome sei sempre più in difficoltà, passi da ‘Si faccia eleggere e cambi la legge’ a ‘È come se fosse figlio mio'” riferendosi alle parole usate da Salvini sul caso Rami, il ragazzino che ha sventato la strage dell’autobus.