A Milano ne è morto un altro, su una panchina, per colpa del freddo. Aveva chiesto aiuto alla parrocchia per ripararsi dalle temperature rigide della notte. Un aiuto, evidentemente, negato.
di Antonio Del Furbo
La Chiesa, però, dall’altra parte d’Italia, a Roma, decide di offrire a 150 persone senza fissa dimora, “un’ospitata” a pranzo in alcuni dei migliori locali di Campo Marzio. Ad altri 40, invece, in nome di Dio, verrà data la possibilità di sedere a tavola all’interno della basilica di Sant’Eustachio a un passo dal Senato. “Sono in tanti pronti a mettersi in gioco per aiutare” assicura Monsignor Sigurani. Certo, quando le nostre anime devono fare i conti con i morti, i disagiati, i deboli che, probabilmente non avranno mai una possibilità di riscatto, siamo lì in prima fila a mostrare la nostra bontà. O, forse, a mostrare il nostro ego individualista.
“In Italia sono circa 5.000 i senza tetto con i cani al seguito che vivono prevalentemente nelle grandi città” dice il presidente nazionale Aidaa Lorenzo Croce. Un appello-denuncia rivolto a tutti i sindaci delle grandi città e dei comuni italiani affinché in queste giornate di freddo riservino una aliquota dei posti nei dormitori pubblici anche a clochard con cani a seguito.
Basterebbe accogliergli, certo, ma la soluzione non è questa. Il problema è ampio, molto ampio e la dignità umana grida vendetta. “La tragica notizia della scomparsa di un senzatetto rafforza la nostra convinzione che queste persone vadano aiutate – ha detto il sindaco di Milano Beppe Sala – per questo non fermeremo la nostra azione”. Sala, però, segnala anche un problema: “La legge non ci permette di obbligare le persone ad accettare un letto al caldo nei nostri centri”. In una sola notte sono stati contattati 200 senzatetto ma solo 8 hanno accettato l’aiuto.
La domanda è: può uno Stato fare un passo indietro e lasciare libertà decisionale a un senzatetto? Credo di no. Credo, anzi, che lo Stato debba fare due passi avanti e dare aiuto e sostegno a queste persone. Umani che, vorrei permettere di ricordare, hanno scelto o subìto la strada. C’è una soglia che uno Stato non dovrebbe superare: quella della dignità umana.
Quando in Piazza Duomo e nelle strade dello shopping milanese vedo, dalle 20 in poi, decine di clochard che si preparano per la notte mi si stringe il cuore. Vedo cartoni che si arrotolano e che accolgono corpi gelidi. Vedo barbe incolte, capelli lunghi e mani strette nell’orgoglio. Ognuno con una storia, ognuno con una voglia, probabilmente, di riscatto. Quando la notte avanza c’è una dignità che si scontra con la nostra indifferenza. Non possiamo e non dobbiamo rassegnarci all’aiuto perenne, dobbiamo fare in modo di ristabilire un contatto con il nostro lato umano e la realtà. Bisogna agevolare il reintegro e, perché no, condurre un’operazione psicologica.
Poi, contemporaneamente, dovremmo cercare di umanizzare il mondo in cui viviamo e, guardandoci in faccia, dire che un mondo di ansie e individualismo estremo non può sfociare in nulla di buono. Ma questo è un altro discorso.