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Il “Rapporto sui fenomeni di criminalità organizzata e corruzione in Toscana” voluto dalla Regione è stata condotta dalla Scuola Normale Superiore di Pisa che ha dimostrato come il distretto toscano sia diventato negli ultimi anni “il primo in Italia per numero di denunce e arresti per condotte finalizzate al favoreggiamento di organizzazioni mafiose”.

Il primato è stato ottenuto esludendo, ovviamente, Calabria, Campania e Sicilia, regioni tradizionalmente legate all’insediamento mafioso. Il rapporto rileva, infatti, che ben oltre il 30% delle persone arrestate o denunciate con l’aggravante di mafia in Italia è riconducibile alle attività del Distretto toscano. Dato che fa capire “la rilevanza del problema mafia e della diffusione più mimetica di un metodo mafioso nella realizzazione delle attività illecite”.

Per il procuratore di Firenze, Giuseppe Creazzo, la Toscana è terra di conquista, dove c’è spazio per tutti. 

Il Rapporto, che ha trovato riscontro anche in una relazione della Dia, ha confermato, per il secondo anno, la presenza di ‘ndrangheta che, si legge, “non si è insediato strutturalmente”, come in Liguria, Piemonte e Lombardia, ma è stata agevolata dalla “presenza di soggetti collegati alle cosche crotonesi, reggine e della provincia di Cosenza”.   

Sono 78 i clan presenti tra le dieci province toscane di cui il 48% è legato alla ‘ndrangheta, il 41% alla camorra e il restante è diviso tra Cosa nostra e la Sacra corona unita pugliese.  

Il traffico di stupefacenti vede un appoggio determinante nel porto di Livorno, secondo solo a quello calabrese di Gioia Tauro. L’operazione “Akuarius” portò al sequestro 134 kg di cocaina pura per un valore di 5 milioni di euro. In quell’occasione si scoprì che i coordinatori dello smercio erano le famiglie Bellocco di Rosarno, in collaborazione con i Molè-Piromalli di Gioia Tauro, gli Avignone di Taurianova e i Paviglianiti del versante ionico. “I pesci” risultò essere un’associazione autoctona sul territorio responsabile, tra l’altro, dell’omicidio di Giuseppe Raucci, il cui cadavere fu ritrovato il 10 dicembre 2015 nel bagagliaio di un’auto parcheggiata nei pressi della Firenze-Pisa-Livorno, all’uscita di Ginestra fiorentina. L’operazione “Gerry” portò nel 2017 all’arresto di tutti gli appartenenti a due agguerriti sodalizi criminali presenti tra Calabria, Campania, Sicilia, Toscana, Piemonte e Lombardia. L’organizzazione criminale di stampo ‘ndranghetistico era capace di pianificare l’importazione di oltre tre quintali di cocaina dal Sud America. I militari sequestrarono presso il porto di Livorno 300 kg di cocaina e circa 17 kg di codeina. Le indagini hanno provato come i sodali riuscivano ad ottenere ottimi guadagni anche dalla compravendita di importanti partite di marijuana, hashish ed eroina. Arcuri Rosario, coadiuvato dal fratello e dal figlio, negli anni avrebbero stretto solidi rapporti di collaborazione con una consorteria di narcos napoletani, capeggiati da Campagna Maria Rosaria, pluripregiudicata e compagna del noto boss di Catania Cappello Salvatore, attualmente detenuto in regime di carcere duro. 
 

Le aziende

Sempre nel 2017, l’operazione della Dda di Reggio e di Catanzaro, denominata “Cumbertazione”, ha visto coinvolta anche un’azienda toscana con sede a Pisa che compare nell’indagine nei confronti del clan Muto “le cui aziende di riferimento, insieme ad altre, avrebbero partecipato e vinto le gare di appalto indette da diverse stazioni appaltanti nella provincia di Cosenza tra il 2013 e il 2015.” 

L’edilizia

L’operazione “Bocca d’oca” ha smantellato fiumi di denaro illeciti ricavati dal settore edilizio. “Le indagini economico-finanziarie retrospettivamente nel tempo (dai primi anni 2000) hanno rivelato una significativa sproporzione tra ingenti movimentazioni di capitali e investimenti immobiliari (appartamenti) e in attività commerciali (bar, pasticcerie, pizzerie), e gli esigui redditi dichiarati dai soggetti destinatari dei provvedimenti di sequestro.”  

Infine l’operazione “Krupy” che nel 2015 smantellò un’associazione dedita al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, con base nel pontino composta da altre 11 persone con un forte legame con la ‘ndrina dei Comisso di Siderno (RC). I sigilli vennero posti anche ad un albergo nel comune di Anghiari, in provincia di Arezzo. 

“La Toscana non è una terra di mafia, ma la mafia c’è”.

A coniare lo slogan fu la Fondazione Caponnetto. All’epoca erano 132 i gruppi criminali censiti nella regione per un giro d’affari di 15 miliardi di euro. “Oggi la Toscana è terra di criminalità organizzata ed è in parte colonizzata dalla mafia”. Una terra in cui negli ultimi anni si è osservato un boom di reati, con aumenti tra il 20 e il 40 per cento, e dove, d’altra parte, come ha rivelato l’Espresso, si nasconderebbe il boss superlatitante di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro, protetto dalla ‘ndrangheta

Sono 242 i beni confiscati alla mafia e alla criminalità in Toscana, su oltre 17mila in tutta Italia . Appena cinquanta sono stati affidati ai territori per quell’uso sociale che prevede la legge.

“La Tenuta di Suvignano a Monteroni d’Arbia in provincia di Siena, con i suoi 713 ettari di terreni e tredici immobili, è tra quelli in attesa” ricorda Libera. “Sono 43 i Comuni toscani che ospitano sul loro territorio beni o aziende confiscate definitivamente. Il numero più alto, 43 immobili, si concentra a Marciano della Chiana in provincia di Arezzo. Le aziende sequestrate si trovano in 20 comuni, di cui 8 a Prato, 3 a Livorno e 2 a Viareggio.”

La camorra è l’organizzazione che vanta insediamenti significativi in provincia di Pisa, in Versilia, nel Valdarno aretino e nella provincia di Prato. Sono soprattutto clan dei Casalesi, molto attivi nel business dei rifiuti. Poi ci sono usuraestorsioniinfiltrazione nel settore degli appalti pubblici e privati, traffici di droga e di merce contraffatta. Sono tutte attività dei rappresentanti della ‘ndrangheta in Toscana

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