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“Mi hanno chiuso una struttura con legge retroattiva. Mi sono accadute cose impensabili. Questo è lo Stato”.

di Antonio Del Furbo 

A raccontare la sua storia, meglio ancora, il suo dramma è Roberto Busco, un imprenditore che da anni combatte contro uno Stato a dir poco ostile. “Le aziende italiane sono arrivate al limite perché abbiamo un sistema fiscale assurdo e sconosciuto a quasi tutti. Lo Stato, in parole povere, è assassino”.

Duro e diretto l’imprenditore proprio perché esasperato:“Io ho un immobile ad Ancona – spiega Busco – valutato dalla Agenzie delle Entrate 18 milioni di euro. Questo immobile mi è stato sequestrato 5 anni fa dal Comune di Ancona per presunti abusi. In questi anni ho vinto tutte le cause civili con sentenze definitive e, dunque, ho ripreso l’immobile che, ovviamente, dopo tutto questo tempo era ridotto male per via dell’abbandono. Per i danni dovrò attendere almeno vent’anni ma, nel frattempo, Comune e Agenzia delle Entrate hanno dichiarato che in questi anni che sono stato chiuso dovrò pagare le tasse”.

Un fatto che avrebbe dell’incredibile se non fosse vero.

“Io sono una persona che paga le tasse regolarmente: tra giugno e luglio 2018 ho pagato 150mila euro di tasse” spiega ancora Busco. “Ho aperto l’attività nel 2005, nel 2009 fanno una legge e mi contestano che io non ho fatto la domanda che era prevista nella legge del 2009”. Busco ha vinto tutte le cause civili e penali ma non gli è servito a nulla visto che lo Stato chiede cassa nonostante lo abbia distrutto.

“Il Comune mi ha chiesto 500mila euro di Imu nonostante mi abbia sequestrato l’immobile.”

Non è finita qui, ovviamente. Perché a batter cassa a Busco arriva anche l’Agenzia delle Entrate che gli chiede, per quegli anni in cui non ha potuto lavorare, ben 3 milioni e mezzo di euro. “Io non sono un evasore ma un imprenditore stritolato dalle leggi” aggiunge Busco.

Il centro “Extasy” di Ancona, immobile di 15.000 mq, comprendeva al suo interno piscine, palestra, centro benessere, parco giochi per bambini, bar, ristorante, Poste Italiane, e tante altre attività.

Questione Banche

“Questo episodio riguarda uno solo delle decine di conti che le mie aziende hanno aperto nei decenni passati presso filiali di tre diversi istituti appartenenti ad uno dei più importanti gruppi bancari italiani” spiega l’imprenditore. “Alla fine del 2002 mi sono rivolto a una Banca e, per ottenere un finanziamento da un Consorzio Confidi di 200.000 euro, PRIMA ho dovuto acquistare 480.000 euro di titoli della stessa banca a fronte dei quali mi è stato concesso un fido di soli euro 420.000, sessantamila in meno per rischio titoli. Da un lato ho ottenuto prestiti (420.000 scoperto c/c +200.000 mutuo) per euro 620.000, dall’altro ho acquistato e dato in garanzia titoli per euro 480.000. Quindi – precisa ancora Busco – una serie di movimenti per ottenere solo 140.000 euro. La differenza di interessi tra dare e avere negli anni successivi è aumentata fino a raggiungere la punta massima di euro 44.000 nel 2007 ed euro 48.000 nel 2008″.

E, anche in questo caso, per Busco il peggio doveva arrivare.

“Dal 7 ottobre 2008 al 2 marzo 2009, con una scusa o con l’altra sono riuscito a non rinnovare i titoli cercando di liberarmi dal “capestro” (poi ho dovuto cedere) e in 5 mesi i 470.000 euro in soldi ma sul conto titoli mi hanno reso euro 6,66 mentre per lo scoperto sul conto corrente dello stesso importo ho pagato euro 9.898 di interessi sullo scoperto. Con questo sistema molto semplice si pagano interessi che arrivano al 30/40 % di interessi annui. In pratica ho restituito 2 MUTUI NON UNO BEN OLTRE 200.000 euro pagati “A VUOTO“ a xxx ….senza contare gli interessi passivi che non avrei pagato su altri conti bancari sui quali non sarei andato in rosso se non mi avessero sottratto le suddette somme. Ma questi “giochetti” quanto sono costati in realta’ alle mie aziende costrette sempre a rincorrere le banche invece di pensare a nuovi investimenti ed al lavoro?”  

“Stato debitore nei miei confronti”

L’altra storia, incredibile, capitata all’imprenditore è quella di una società che aveva acquistao un nuovo immobile e macchinari. Un ente statale, però, non paga una commessa per diversi milioni. A quel punto la società va in crisi di liquidità ma, nonostante tutto, cerca di pagare fornitori e dipendenti. Lo Stato, però, dall’altra parte con l’Agenzia delle Entrate torna a batter cassa chiedendo il conto anche se la società di Busco è in crisi e non produce. Lo Stato chiede ben 3 milioni di euro.

L’immobile abbandonato da 300mila euro di Iva

L’Agenzia delle Entrate inserisce un immobile di Busco tra le società di comodo ritenendo non congruo il reddito denunciato. Le società di comodo sono società che per 3 anni di seguito non forniscono il reddito presunto dai parametri dell’Agenzia delle Entrate. A causa di ciò hanno presunto un reddito di circa 2 milioni e hanno “requisito” un credito IVA di quasi 300mila euro. Un immobile che negli anni precedenti era stato affittato a una società del Mercatone ma che in seguito, con il fallimento, è stato liberato.

Chissà se la politica, ogni tanto, riesce ad avere uno scatto di orgoglio in modo da risolvere queste situazioni una volta per tutte.

 

antonio.delfurbo@zonedombratv.it

3293526266 

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