Dobbiamo denunciare l’Abruzzo che non ci rappresenta e non ci tutela.
Zone d’ombra è un portale nato qualche mese fa quasi per scherzo e, ad oggi, ha raccolto un inaspettato interesse da parte di soggetti sia pubblici che privati. La fetta pubblicitaria è ancora piccola ma l’obiettivo è di raddoppiare entro l’anno l’introito per poter raccontare al meglio questo Abruzzo che ci piace sempre meno e ci taglia fuori dalle proprie scelte. Essere liberi oggi vuol dire poter operare su internet con il timone ben saldo nelle mani perché le correnti sono forti e, spesso, tenere la rotta in un oceano è impresa ardua e rischiosa. Raccontare i fatti della nostra regione usando un tono polemico è spesso politicamente scorretto e espone il nostro lavoro a critiche e prese di posizione dure e, a volte, anche esagerate. Chi come noi si espone in maniera spesso esagerata evidentemente non può avere terreno fertile in un Abruzzo sempre più legato, sia per storia che per tradizione, a quella politica gaspariana anni ’80. Spesso da queste parti non si accettano persone che riescono a farsi strada con le proprie idee e con i soli sacrifici personali. Spesso il saper coinvolgere altre persone in un progetto condiviso fa paura perché è visto come incontrollabile. Ecco quindi che il chiedere informazioni, magari per preparare qualche dossier, e indagare sugli sponsor potrebbe essere l’inizio di un qualcosa che a noi sinceramente non spaventa. Abbiamo incontrato in questi mesi tanta gente, persone che vivono al limite delle condizioni umane per scelta di politiche sbagliate e di un consociativismo sporco addirittura di sangue. Persone che vivono ai margini di una società e non di certo per scelta loro. Persone che con due lauree sono costrette a fare i camerieri senza contratto e senza garanzie e per orgoglio e dignità hanno rifiutato di essere i camerieri di onorevoli o senatori. Abbiamo passato giornate intere con uomini che lottano per affermare un diritto che è riconosciuto dalla Costituzione ma che qualche ministro, democraticamente non eletto da nessuno, tende a cancellare dalla memoria dei cittadini: il lavoro. Questi sono gli anni della cancellazione dei diritti umani conquistati con il sangue, la morte e la dignità di chi è stato un vero uomo libero e legato ad un ideale di vita. Stiamo vivendo gli anni della precarietà non per una legge di mercato ma per una scelta politica: togliere il lavoro toglie la dignità e fa in modo da asservire il popolo ad ogni squallida operazione politica. Noi siamo quelli che racconteranno sempre le storie del disagio, delle sconfitte e delle frustrazioni personali. Denunceremo le mafie, la mala politica e gli affari sporchi che stanno intasando l’economia abruzzese. Le viscide commistioni tra potere informativo e politico che da un ventennio distraggono fondi e verità. La carica che ci spinge a proseguire e il convincimento di essere sulla strada giusta della libera informazione ci vengono proprio da queste storie e da questa gente che lotta per rimanere in vita contro uno Stato ormai nemico. Le nostre telecamere non stanno nei palazzi ad elemosinare qualche centinaia di euro in cambio d’interviste ad hoc al politico mediamente ignorante di tutto. Noi non prendiamo soldi dalle coop per fare un lavoro di puro servilismo politico. Noi lavoriamo in maniera dignitosa e per contribuire a cambiare questo piccolo pezzo di terra in meglio. Ci dispiace vedere migliaia di lavoratori perdere i propri posti di lavoro e pagare il prezzo del licenziamento per manager incapaci persino di intendere e di volere. Pilkington, Cartiera Burgo, Sixty, Golden Lady e Honda. Quante fabbriche ancora chiuderanno e se ne andranno verso i mercati emergenti di Cina, Giappone e India? Quale politico e quale Tg sta raccontando quello che sta succedendo dal punto di vista economico e sociale in questa regione? A noi pare nessuno. Solo pupazzi che si fronteggiano in conferenze stampe pietose con i soliti servi che scrivono e riportano sui giornali ciò che loro stessi vogliono. Faremo sempre e più informazione per difendere i diritti sottratti ai più deboli e per riprenderci anche un po’ del nostro futuro.