Il giovane aggredito dagli ultrà del Pescara racconta la sua versione dei fatti.
“Ieri pomeriggio insieme a mio padre e altri suoi due amici ci siamo recati in quel di Pescara per vedere il posticipo del campionato di Serie A, Pescara – Inter” racconta il giovane in una lettera inviata a TirrenoNews.
“Verso le ore 18:30 stavamo facendo un aperitivo presso un bar che si trovava all’interno dell’area dello stadio… (area transennata che di solito è sorvegliata da polizia e dalle forze dell’ordine). Mi chiama un mio amico al telefono e per un secondo mi allontano di qualche metro rispetto a dove erano seduti mio padre e gli altri amici. Posizionato di spalle rispetto all’andamento della folla di tifosi che riempiva le strade, all’improvviso vengo accerchiato da 3 ragazzi, tutti quanti sui 30/35 anni. Questi iniziano senza motivo a spingermi prima e a prendermi a calci e pugni, poi intimandomi di togliermi la maglia che stavo indossando, la maglia del mio paese…Amantea. Dietro questi 3 ragazzi c’era un gruppo di almeno 40/50 persone.Tutti ultras del Pescara. Dopo aver assorbito il primo attacco cerco di parlare e convincerli che la maglia non era un modo per offendere i loro colori e la loro città, ma era soltanto la maglia del mio paese a cui sono fortemente legato”.
L’aggressione continua
“I 3 non ascoltano e riprendono a caricare. Mio padre e gli altri amici si accorgono del parapiglia e intervengono per aiutarmi. Uno di questi 3 ragazzi toglie un coltello dalla tasca e minaccia mio padre con un pugno all’altezza del viso. Visto che la situazione era diventata incontrollabile e con la paura che poteva succedere qualcosa di grave decido di togliermi la maglietta. I tipi la prendono e si dileguano”.
Nessuno è intervenuto
“La folla circostante è rimasta impassibile ed invece di aiutare a stemperare le acque ha iniziato ad offendere e a chiamare me e mio padre ‘terroni di merda’, ‘calabresi di merda’. La polizia è stata assolutamente inesistente. Mi ha semplicemente detto mettiti un giubbino. I controlli sono stati inesistenti su tutta l’area dello stadio. Potevi entrare con una bomba e nessuno se ne sarebbe accorto. Dopo la fine della partita purtroppo ho dovuto assistere ad altri 2 episodi simili al mio. Sempre un gruppo di ragazzi si è avvicinato a un bambino di 12 anni che era insieme al padre minacciandoli e costringendo il bambino a togliersi la maglia dell’Inter. Poco dopo ho visto una Donna correre nella folla perché alcuni la stavano inseguendo e offendendo gridando ‘puttana puttana’, soltanto perché aveva una sciarpa dell’Inter”.