Il progetto, partito nel 2013, riguarda la cooperazione sanitaria denominato Abruzzo 2020 Sanità Sicura tra regione Abruzzo e Israele. Ora, però, le cose non vanno come dovrebbero.
L’attuazione di tale progetto ha una durata triennale 2013-2016 e, come soggetto capofila, ha potuto contare sulla Asl di Pescara. Il gruppo di lavoro è composto dalle quattro aziende sanitarie regionali, quindi dalle Facoltà di Medicina e Chirurgia delle Università Abruzzesi di Chieti-Pescara e L’Aquila e dall’ASR Abruzzo.
Quali sono le finalità del progetto?
L’idea era quella di portare l’assistenza di emergenza-urgenza direttamente sul territorio. Questa formazione, però, potrebbe non servire a nulla. Chiodi aveva la volontà di sviluppare un’agenzia qualificata di emergenza-urgenza con un gruppo di circa 170 professionisti. D’Alfonso, invece, non parrebbe intenzionato a portare la sanità sul territorio ma bensì ad allontanarla lasciando in vita solo i grandi ospedali che, però, non riescono a gestire le richieste di pronto soccorso.
Come funziona la Sanità in Israele?
Ogni anno una commissione, assegnata dal Ministero della Salute del governo israeliano, presenta e pubblica un ‘paniere’ o un pacchetto omogeneo di servizi medici e prescrizioni. Nel paniere viene indicato il servizio minimo che deve essere reso disponibile a tutti i membri dei fondi che versano alle mutue soldi in base al reddito. Questo ha permesso di raggiungere la parità tra tutte le mutue, in modo tale, che tutti i cittadini siano in grado di accedere all’assistenza sanitaria di base. Una legge, quella israeliana, che ha permesso l’ingresso della concorrenza straniera nel settore e che ha permesso di raggiungere l’alto livello di assistenza sanitaria.
A capo della cooperazione Gabriele Rossi, nominato all’epoca dall’ex presidente della Regione Abruzzo, Gianni Chiodi. L’incarico a Rossi prevedeva un rimborso di 72mila euro che, a quanto pare, non ancora arriva perché le Asl sono in ritardo.
“Rispetto al giugno del 2013 – spiega Rossi – grazie ad ‘Abruzzo 2020 Sanità Sicura’, la nostra regione ha oggi una community di sanitari dell’emergenza di oltre 160 operatori medici e infermieri, costituita in modo omogeneo tra le quattro ASL e tutti i territori dell’Abruzzo. Un gruppo di sanitari che ha assunto la configurazione di un vero e proprio ‘corpo’ dotato, in quanto tale, di uno spirito che ne garantisce compattezza, efficienza, reazione al burnout e, ultima ma non meno importante, ‘mobilitabilità immediata'”.
Dunque il punto è che:
“in un malaugurato caso di maxiemergenza, oggi la sanità abruzzese, grazie ad ‘Abruzzo 2020 Sanità Sicura’, può mobilitare istantaneamente decine di sanitari dell’emergenza-urgenza da Vasto a Teramo, passando per Avezzano, Lanciano, L’Aquila, Sulmona, Guardiagrele, Chieti, Penne, Pescara, Atri, Giulianova, Sant’Omero, etc. che sono un ‘corpo’ selezionato e formato di sanità di emergenza-urgenza che parla la stessa lingua, che sa lavorare insieme, che ha maturato un sano cameratismo in grado di ridurre nefaste conflittualità, soprattutto in condizioni estreme come terremoti, disastri ambientali, etc.”
Questo oggi pare non essere possibile visto che la Regione ha sostanzialmente abbandonato il progetto a se stesso.
“La cosa triste è sapere che un ragazzo che cade dallo scooter con politrauma può rischiare di non arrivare vivo in sala operatoria nonostante abbiamo medici e infermieri eccellenti nell’emergenza-urgenza”.