Il clima di tensione era già partito l’altro giorno all’Aquila durante il Consiglio regionale. Antonio Del Furbo
L’esasperazione dei cittadini è arrivata, ormai, al punto del non ritorno. Tagli, tagli e tagli. E poi: precarietà, assenza di futuro e una politica che continua, giorno dopo giorno, ad autocelebrarsi e a serrare le fila. In Abruzzo è l’ora dei tagli alla Sanità. Ospedali polverizzati dall’oggi al domani. Malati e anziani abbandonati a morire tra gli sperduti centri dell’entroterra. Senza strade e senza assistenza. E nel capoluogo d’Abruzzo in oltre mille si sono riversati fuori dai palazzi del Consiglio regionale per chiedere a D’Alfonso e alla sua giunta di mantenere i punti nascita di Sulmona, Ortona, Atri e Penne. Una chiusura voluta dallo stesso presidente di Regione in veste di commissario. E, per fortuna, almeno per un attimo la sua idea è stat stoppa da una risoluzione votata da 17 consiglieri contro i 14. Per fortuna Gerosolimo e Olivieri (Abruzzo Civico) e Monticelli e Pietrucci (Pd), della maggionranza, hanno votato con le opposizioni. Per fortuna. Se fosse stata bocciata la risoluzione chi avrebbe tenuto i manifestanti a bada? Le forze dell’ordine, giusto. Allora siamo in guerra? Allora tutto si risolve con la repressione? Allora non c’è più dialogo?
Per fortuna, sì, perché altrimenti poteva finire come questa sera a Sulmona. Camillo D’Alessandro, sottosegretario alla presidenza della Giunta, ai fischi dei sindaci presenti in aula ha risposto con un secco:“la verità verrà a galla”. Ne siamo sicuri. Ma D’Alessandro, come tutta la maggioranza, deve essere capace di intuire che si è a un passo dal tracollo del Paese. Essere riformisti e coraggiosi non basta più, forse. Delle parole, delle chiacchiere i manifestanti non sanno che farsene. Chi era all’Aquila a manifestare deve fare i conti ogni giorno, ogni ora, ogni minuto e ogni secondo, con la morsa della crisi. Deve scegliere tra la vita e la ‘morte’, tra il pezzo di pane e il niente. E non si tratta di essere demogoghi, si tratta, invece, di lavorare per assicurare il benessere di chi su quelle poltrone, comode e calde, ha pensato di mandarci qualcuno per trovare soluzioni. E non per affamarli.