Ora che il governo ha accelerato l’approvazione del disegno di legge sul reato di tortura, sarebbe ora che la tv di Stato (dei partiti) mandi in onda il documentario sui fatti di Genova del 2001.
Gli elementi perché ciò avvenga ci sono tutti: un popolo più consapevole e una politica un po’ più attenta agli umori della massa. Cosa o chi aspettare per mandare in prima serata su Rai uno il documentario “Bella Ciao” di Giusti, Freccero e Torelli? Sono gli unici in quella Rai del 2001 ad aver avuto l’idea di girare in tempo reale un docu-film sulle tragiche giornate del G8. Un’opera che in Italia non è ancora stata possibile vedere in tv in un canale generalista nonostante sia stata prodotta dalla Rai.
“La penso come Carlo Freccero. Sarebbe giusto che Rai Uno trasmettesse in prima serata Bella Ciao” scrive in un articolo sul Manifesto Marco Giusti.Un documentario mai trasmesso:”malgrado le tante richieste” e “dopo la proiezione a Cannes nel 2002”. C’è stato, spiega Giusti, “il più totale disinteresse aziendale”.
Come non si può essere in disaccordo con Giusti? La proiezione del film sarebbe il giusto “risarcimento morale per i tanti che ci lavorarono, meravigliosi operatori e tecnici della Rai che ci dettero le immagini da loro riprese che nessuno prima di noi aveva voluto trasmettere, e i tanti video maker indipendenti che ci passarono le loro riprese per ricostruire una storia terribile di violenza e repressione che ha segnato per sempre gli anni che seguirono”. Un’opera girata con cuore ed entusiasmo ma che però non è ancora possibile vedere in onda.
Giusti ripercorre la fase storica di quel periodo: era “l’estate del 2001, con il ritorno di Berlusconi” con “una Rai ancora in mano al centrosinistra, Zaccaria presidente e Cappon direttore generale”. E poi c’era Carlo Freccero direttore di rete di Rai Due. “Stavo realizzando la seconda serie di Stracult. Uno dei registi del programma, Roberto Torelli, mi aveva chiesto di seguire il Social Forum che si sarebbe svolto a Genova nei giorni del G8, visto che avevamo deciso di dedicare una puntata al movimento no-global. Roberto avrebbe seguito anche le tre giornate del G8, pronto a riprendere quello che poteva servire non solo alla nostra trasmissione. Avevamo pensato, con Freccero, che era meglio avere una telecamera in più. Ma certo non dovevamo essere noi a fare informazione”.
L’interesse ai fatti di quei giorni non ci fu nemmeno da parte di quelle trasmissioni, cosiddette di rottura:“Non si sa perché nessuno del gruppo di Santoro, allora a Rai Due, ma in quei giorni in vacanza, e nessun altro da Rai Uno o Rai Tre, tiggì esclusi, avesse voluto seguire il G8 e il Social Forum, malgrado i ripetuti avvertimenti di un possibile scoppio di violenza e la vicinanza con i fatti di Napoli. Così, a due giorni dalla fine del G8, nello stupore generale, mentre Santoro trasmetteva uno speciale sul sushi, eravamo i soli a poter andare in onda, come Stracult, delle riprese assolutamente inedite su Genova, che mostravano quello che era accaduto fuori dalla Diaz e gran parte degli scontri. Facendo capire, magari, che avevamo qualcosa in più di quel che realmente avevamo. Il programma, intitolato Bella Ciao, doveva andare in onda mercoledì 25 luglio, ma venne immediatamente sospeso.”
Perché?
“Il motivo ufficiale, allora, era la mancanza di equilibrio politico. Mancava la controparte. Una cosa buona, però, quel 25 luglio era accaduta. Il Tg1, col ritorno dalle vacanze di Albino Longhi, aveva deciso infatti di mandare in onda nell’edizione delle 20 riprese mai viste degli scontri a Corso Europa relative a sabato 21. Immagini senza commento, fortissime, di una violenza che nessuno sospettava si fosse scatenata da parte della polizia e della guardia di finanza. Immagini che arrivavano però con 5 giorni di ritardo, girate dagli operatori della Rai per i Tg. E arrivavano lo stesso giorno (un caso?) della nostra “sospensione”. Perché non le avevano mandate in onda prima?”
In quei giorni ci fu una vera e propria rivoluzione mediatica che, ovviamente, i nominati della Rai non capirono. Grazie alla presenza di centinaia di cameraman e videomaker era possibile ricostruire ogni singolo attimo di ciò che stava accadendo a Genova. “C’era moltissimo materiale, inedito, che iniziava a uscire dalle piccole società indipendenti presenti a Genova, Charta, Indymedia, Radio Sherwood”. Quindi l’idea di un montaggio cinematografico e l’inizio con l’attacco alla Diaz, dal quale sarebbe partito il racconto delle giornate. “Nessuna voce off, nessuna intervista, solo le voci e i rumori veri della strada e una colonna sonora di canzoni rock scelte da una ragazzina, mia figlia Elena, che aveva allora quattordici anni e aveva appena finito la quarta ginnasio”.
A fine agosto tutto era pronto per la messa in onda ma le speranze crollarono subito perché sia la Rai sia il Festival di Venezia negò l’interesse per il documentario. Il Festival di Cannes accettò di proiettare il documentario ma dopo che fu trasformato in un film in 35 mm. “Il film viene presentato a Cannes nell’edizione del 2002 con grande rumore. Prime pagine sui giornali”. Quindi a quel punto:“Ci chiedono in tanti di distribuire il film all’estero, di presentarlo in altri festival. Ma il permesso ci viene sempre negato”.
“Bella Ciao avrebbe dovuto essere un motivo d’orgoglio per la Rai, un programma ideato e concepito da uomini dell’azienda, con operatori interni, talmente forte che diventa un film e viene presentato a un festival come Cannes e viene richiesto in tutto il mondo.”
E questa è l’ora.