Un Paese strano l’Italia. Molto strano. Un Paese in cui accadono fatti di una spregiudicatezza unica, spesso nell’ambito politico, spesso per abbattere il nemico. Spesso con la clava della giustizia.
Ed eccoci qui ad essere immersi in uno scrosciante applauso che dura, ormai, da venticinque anni. Abbiamo applaudito agli arresti di tangentopoli e, qualcuno, anche alla morte di Bettino Craxi. E quanti ricordano, per tutt’altra faccenda, il caso di Enzo Tortora? Forse pochi, pochissimi. Oggi, anno 2015, la giustizia, forse, è tornata a fare brutta figura con un caso meno rilevante dei precedenti ma comunque degno di attenzione.
Nel 2008 Luciano D’Alfonso, allora sindaco di Pescara, fu arrestato in seguito a un’indagine della procura di Pescara con una serie di imputazioni relative ad attività di tangenti e scambio di favori tra imprenditori e il comune di Pescara, per un periodo compreso tra il 2004 e il 2007. Nella bolgia mediatica finirono presunte cene, viaggi e vacanze offerte dall’imprenditore Toto al primo cittadino. Una serie di fatti, insomma, che per l’accusa voleva dire 6 anni di reclusione con interdizione perpetua dai pubblici uffici. Ma il giudice monocratico, il 23 febbraio del 2013, ha assolto d’Alfonso da ogni accusa con formula piena e per non aver commesso il fatto, con decadenza dei 25 capi di accusa. Nell’inchiesta “Caligola – Ecosfera”, per presunto affidamento di una progettazione sul porto di Pescara alla società Ecosfera quando era sindaco della città, D’Alfonso finì indagato e rinviato a giudizio insieme ad altre 11 persone. Il 3 febbraio 2014 il giudice assolve D’Alfonso con formula piena. Ora si attende la sentenza del processo d’Appello per Housework per il quale la “Procura chiede assoluzione per D’Alfonso”. A chiederlo è il procuratore della Corte d’Appello dell’Aquila, Nicola Picardi, al termine della requisitoria al processo in corso in Corte d’Appello all’Aquila.
La domanda è sempre la stessa: se anche in questo caso D’Alfonso verrà assolto, chi gli ripagherà il danno d’immagine?
ZdO