Il calo nel 2014 è stato brutale con i due terzi dei 180 Paesi monitorati che hanno subito un arretramento negli standard rispetto all’anno precedente. Malissimo anche l’Italia che scende di 24 posizioni, dal 49esimo posto passa al 73esimo posto.
E non è il caso di dire che si trovi in buona compagnia: dietro ha la Moldavia e davanti il Nicaragua. A dirlo è il rapporto annuale di Reporter senza frontiere che parla di “deterioramento complessivo” della libertà di stampa. Ne è convinto Christophe Deloire, segretario generale di Rsf, che tra le cause individua l’azione di gruppi islamisti radicali come lo Stato Islamico o Boko Haram, che “si comportano come despoti dell’informazione”. In Italia a pesare è l’intimidazione della mafia nei confronti dei giornalisti, vittime anche di processi per diffamazione abusivi. “Da Boko Haram all’Isis, attraverso i narcotrafficanti o la mafia, il modus operandi – scrive Rsf – per bloccare la stampa è lo stesso: paura o ritorsioni“.
I Paesi più pericolosi al mondo per gli operatori dell’informazione sono la Siria (177esimo posto), dietro la Cina (176), e davanti ai fanalini di coda: Turkmenistan (178), Corea del Nord (179) ed Eritrea (180). Iraq compare alla 156esima posizione e la Nigeria alla 111esima. Questi ultimi due Paesi hanno visto quest’anno la comparsa di ‘buchi neri dell’informazione’, si legge nel rapporto. I meglio posizionati nella classifica continuano a essere i Paesi scandinavi: per il quinto anno consecutivo è la Finlandia a mantenere il primo posto, seguita da Norvegia e Danimarca. Nella classifica anche piccoli Stati come Lussemburgo (dal quarto posto al 19esimo), Liechtenstein (dal sesto al 27esimo) e Andorra (dal quinto al 32esimo). “Qui – osserva l’Ong – la vicinanza tra poteri politici, economici e media genera conflitti di interesse estremamente frequenti“. Tra i Paesi dell’Unione Europea, ultimo posto per la Bulgaria (106). Male anche la Grecia alla 91esima posizione, dietro il Kuwait. La Francia conquista un posto in più rispetto all’anno scorso anche se la classifica non tiene conto dell’attacco alla redazione di Charlie Hebdo. Rsf inoltre denuncia una “intensificazione della violenza contro giornalisti e cittadini che coprono le proteste” citando il caso di Ucraina, Hong Kong, Brasile e Venezuela. Per quanto riguarda gli Stati africani, nonostante la Costa d’Avorio sia salita nelle posizioni di 15 posti, Congo e Libia sono indietreggiati di 25 e 17 posti rispetto all’anno precedente. La classifica annuale di Rsf si basa su sette indicatori: livello di abusi, pluralismo, indipendenza dei media, autocensura, quadro giuridico, trasparenza e infrastrutture.
In Italia, nei primi 10 mesi del 2014, sono stati 43 i casi di aggressione fisica e 7 gli incendi ad abitazioni e vetture. Sono invece 129 le cause per diffamazione “ingiustificate” contro i cronisti. Ossigeno per l’Informazione ha conteggiato 421 minacce a giornalisti, con un incremento del 10% rispetto al 2013. Le minacce di morte sono frequenti e sono recapitate sotto forma di lettere o simboli. Uno dei casi citati, quello di Guido Scarpino del Garantista, la cui auto è stata data alle fiamme in provincia di Cosenza.
Sulla questione della libertà di stampa in Italia c’è stata sempre una grande confusione:”Non so se ricordate le infinite campagne per la libertà di stampa lanciate all’epoca del governo Berlusconi” commenta Maurizio Belpietro. “Io sì – ammette ironicamente – , anche perché, in qualità di direttore di uno dei pochi giornali di centrodestra esistenti in Italia, mi capitò di essere intervistato da una delegazione della Federazione europea dei giornalisti, la quale, venuta in Italia, intendeva capire se la libertà di espressione dei colleghi fosse davvero minacciata dall’esecutivo di centrodestra.“
È chiaro che il fango mediatico non corrisponde alla libertà d’informazione. Per dire.
ZdO