Sulla multa presa dal governatore dell’Abruzzo, Luciano D’Alfonso, il Presidente della Commissione di Vigilanza Mauro Febbo non molla, nonostante la replica del sottosegretario alla Giunta regionale Camillo D’Alessandro.
“Ci troviamo di fronte ad una violazione posta in essere per garantire l’adempimento di un dovere istituzionale”. Queste le prime parole di D’Alessandro in risposta a Febbo in merito alla multa del 1° agosto scorso beccata da D’Alfonso sul tratto della A25 direzione Roma. Una difesa, quella del sottosegretario, che, almeno a parole, rischia di non essere compresa dalle “moltitudini” come direbbe ‘Big Lucky’. Insomma, per D’Alessandro il governatore quella mattina di agosto sfrecciava con il suo autista verso Roma perché “si esplicava nella necessità di partecipare ad un riunione presso il Ministero dello Sviluppo economico, prevista alle ore 8:00, per poi incontrare il viceministro Claudio De Vincenti“.
Dunque, tutto regolare. Anzi D’Alfonso, a detta di D’Alessandro, avrebbe motivi da vendere al punto che “verrà rappresentato nel ricorso al Giudice di pace di Avezzano, competente per territorio”. Il Prefetto della Aquila, in sostanza, “ha rigettato il ricorso avverso la multa poiché la polizia stradale ha prodotto delle controdeduzioni sulla insussistenza dello stato di necessità”. Le forze dell’ordine avrebbero deciso che D’Alfonso, quindi, non stava ‘volando’ verso la Capitale per salvare Greta e Vanessa (per dire) dai terroristi, tale da giustificare la sua folle corsa in autostrada, ma per un incontro un po’ meno importante. “In ogni caso – conclude D’Alessandro – qualora le sue ragioni non venissero riconosciute in sede di ricorso, legittimamente consentito ad ogni cittadino, si provvederà al pagamento della ammenda. Quanto alle polemiche sollevate dal consigliere Febbo, il presidente se la sarebbe potuta prendere comoda pernottando la sera prima in un albergo a Roma, cosa che notoriamente non è consigliabile per la Regione abruzzese ereditata”.
E dopo l’ironia del sottosegretario sulla ‘stanza 114‘ poteva Febbo non replicare? Manco per niente. “Ritengo inutile e davvero inopportuno – commenta Febbo – giustificare un comportamento negativo ed arrogante reso ancora più inqualificabile della carica ricoperta da D’Alfonso. Non ci si può nascondere dietro le ‘motivazioni istituzionali’ per giustificare una velocità spropositata tenuta dalla macchina del Presidente in viaggio verso la Capitale.” E aggiunge:”Lo stesso Prefetto dell’Aquila, nel rigettare il ricorso, constatando che non sono documentate le circostanze di urgenza ed indifferibilità (previste dal Codice della Strada solo per motivi di ordine pubblico e sanitario, ma con le dovute prescrizioni) legittimanti l’applicazione della esimente fa riferimento, tra le altre norme, anche alla Legge n.689/81 che D’Alessandro ha chiamato in causa producendo la debolissima difesa del suo Presidente”. Dunque l’affondo:“Dal Sottosegretario alla Presidente, proprio in virtù del ruolo di primo piano, mi aspetterei un atteggiamento sobrio e coerente con la carica che ricopre e che alzi l’asticella del confronto, mentre la tiene a terra con risposte infantili (eufemismo)”. Nessuna giustificazione per D’Alfonso “che avrà chiesto (da datore di lavoro) al suo autista (dipendente) di commettere una irregolarità che lo stesso, per sudditanza, si è sentito obbligato ad accettare. Ma l’accettazione, di commettere un “reato”, pone il dipendente nella condizione di subire sia rispetto al pericolo, che una velocità così elevata comporta per se stesso, per gli occupanti la macchina e altri soggetti in caso di incidente, sia per le sanzioni (non solo quella amministrative di ben € 1.405,34 che comunque per un dipendente sono pari ad una mensilità!!!) relative alla sospensione della patente per un autista. Cosa dovrebbe fare quel dipendente durante i tre mesi? Resta a casa senza stipendio ??? In tutto questo c’è la gravità di un atto arrogante e supponente che non trova alcuna giustificazione. Così come non trova giustificazione il chiedere all’Avvocatura della Regione di presentare ricorso per un “ordine contro legge” che vedrebbe altro danno per l’Amministrazione regionale, posto che gli avvocati regionali avrebbero ben altro da fare su altri tipi di ricorsi, vedi la questione relativa alla Ria”.
Per il momento la polemica si conclude qui. Ma se son rose fioriranno.
Antonio Del Furbo