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La donna è disperata:”Ho bisogno di lavorare” dice. Dopo una petizione online per chiedere la sua riassunzione il licenziamento è stato sospeso. Ma la battaglia è ancora dura.

La prima ondata di firme ha raggiunto i cinquantamila sottoscrittori in sole 48 ore:”Dal 5 dicembre avrei dovuto essere licenziata e invece la procedura per il momento è sospesa. Questo è il primo effetto della petizione” spiega Patrizia, 52enne di Brindisi, licenziata da Lyondell Basell, una società chimica americana che produce polipropilene e opera all’interno del petrolchimico dell’area industriale di Brindisi.

 

L’azienda è presente nei cinque continenti con 55 siti produttivi e con un fatturato di 44miliardi di dollari. Si definiscono missionari di importanti valori tra i quali l’accettazione della “diversità e dell’inclusione” in particolare trattando “le persone con rispetto, onestà e correttezza“. A quanto pare nel caso di Patrizia queste regole non sono valse. Il licenziamento sarebbe avvenuto per ragioni legate al riassetto economico dell’azienda, o almeno questa è la spiegazione ufficiale. Su questi licenziamenti non si discute di possibilità di reintegro, è la strategia per opporsi alle impugnazioni davanti ai magistrati del lavoro. “Tuttavia io ritengo di esser stata licenziata perché affetta da cancro – spiega la lavoratrice – . Sono diventata insomma il simbolo di una logica che non è solo quella della prevalenza delle ragioni del profitto sulla vita delle persone, ma è anche il simbolo della logica dell’eccedenza e della rottamazione. Un’agonia che è durata oltre due anni, senza parole ma solo ombre apparse improvvisamente nella stanza 22, il 17 novembre 2014 alle 15, ombre armate di un foglio.

 

Erano in due, uno dei due leggeva velocemente, le parole mi sfuggivano, chiedevo spiegazioni ma quella voce continuava a farsi sentire finendo tutto di un fiato la lettura del testo per concludere: ‘tutto è irrevocabile e non ci sono margini di conciliazione'”. In quei momento Patrizia ha capito di aver perso tutto ed essere rimasta sola. “Il rullino della vita si riavvolgeva su se stesso, si sgretolava anche quel tetto costruito con tanti sacrifici, con i risparmi di tutta una vita e con tanti impegni futuri.” aggiunge ancora la donna. Quindi l’appello:”Ho bisogno di ritornare al lavoro, anche perché è statisticamente provato che svolgere la normale attività lavorativa riduce significativamente le probabilità di recidiva della malattia oncologica”. 

A dicembre scorso, in seguito ad un incontro con la Cgil, l’azienda aveva rimarcato di non essere disposta alla riassunzione della lavoratrice ma solo a riconoscergli un indennizzo economico. Ma i sindacati sono sul piede di guerra e promettono battaglia davanti alla Corte di Giustizia Europea.

ZdO

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