Ci sono voluti ottant’anni, ma alla fine la giustizia ha presentato il conto: oltre 300mila euro è la somma che il Ministero dell’Economia dovrà versare ai familiari di un soldato italiano deportato in un lager nazista.
80 anni dopo, arriva il risarcimento ai familiari di un deportato. Un’odissea burocratica che affonda le radici nel caos seguito alla fuga del re Vittorio Emanuele III e del maresciallo Badoglio il 9 settembre 1943, lasciando migliaia di militari italiani alla mercé dell’esercito tedesco.
Un risarcimento bloccato per decenni
La storia arriva dal Veneto e viene raccontata da Il Gazzettino: gli eredi del militare, dopo anni di battaglie legali, nel 2019 avevano ottenuto una sentenza favorevole dal Tribunale civile, che riconosceva loro quasi 140mila euro di indennizzo, a carico della Repubblica Federale Tedesca. Ma quei soldi non sono mai arrivati. Il motivo? Un limbo burocratico e diplomatico.
Nel 1961, infatti, l’Italia aveva siglato l’accordo di Bonn, ricevendo 80 milioni di marchi e sollevando così la Germania da eventuali ulteriori richieste di risarcimento. Tradotto: gli ex deportati e i loro familiari non avrebbero più avuto diritto ad alcun indennizzo diretto. Un’ingiustizia che si è trascinata fino ai giorni nostri.
Il fondo di Draghi sblocca la situazione
Solo nel 2022, il governo Draghi ha istituito un fondo ad hoc presso il Ministero dell’Economia, destinato a risarcire le vittime dei crimini di guerra e contro l’umanità perpetrati dalle forze del Terzo Reich tra il 1939 e il 1945. Un passo che ha riacceso la speranza per migliaia di famiglie rimaste in attesa di un riconoscimento.
Così, nel 2023, i parenti del soldato hanno presentato l’istanza per accedere al fondo, ottenendo finalmente l’ok del Tesoro. Ma anche qui, la burocrazia ha allungato i tempi: solo grazie a un ricorso al Tar del Veneto, il Ministero è stato obbligato a sbloccare i fondi e versare i 307mila euro dovuti.
Ottant’anni di attesa per un diritto negato
La vicenda è emblematica: un risarcimento stabilito dal tribunale rimasto sulla carta per anni, bloccato da accordi politici datati e da una macchina burocratica lenta e farraginosa. Senza la determinazione degli eredi e un nuovo intervento giudiziario, forse quei soldi sarebbero rimasti un miraggio.
Ora la domanda è un’altra: quante altre famiglie sono ancora in attesa di giustizia?