Splicer: l’editing genetico per combattere malattie come Alzheimer, Parkinson e SLA
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Il segreto di molte malattie sta nel malfunzionamento di una proteina. Fino ad oggi, la strategia dominante per affrontare il problema è stata quella di riparare il danno o sostituire la proteina difettosa.

Splicer: la nuova frontiera dell’editing genetico per combattere le malattie. Ma c’è una terza via, forse più rivoluzionaria: modificare la proteina abbastanza da renderla meno “tossica”. Questo è l’obiettivo di Splicer, una tecnologia innovativa di editing genetico che punta a correggere proteine malate e aprire nuove strade nella lotta contro malattie devastanti. La tecnica, descritta sulla prestigiosa rivista Nature Communications, ha già dato risultati promettenti in test su modelli animali di Alzheimer.

Una piattaforma per riscrivere le regole

Splicer si basa su una strategia chiamata exon skipping, che permette di eliminare (o meglio “saltare”) una specifica porzione dell’RNA messaggero corrispondente a una proteina. L’idea è semplice ma geniale: rimuovere la parte “malata” del gene per produrre una proteina che, pur non essendo perfetta, possa svolgere le sue funzioni vitali. Come spiega Pablo Perez-Pinera, ricercatore della University of Illinois Urbana-Champaign e coordinatore dello studio: “Se riusciamo a saltare la porzione di gene con la mutazione tossica, la proteina risultante potrebbe comunque mantenere una funzione sufficiente per essere utile”.

Verso il superamento dei limiti attuali

Le tecnologie di exon skipping non sono una novità: ad esempio, gli oligonucleotidi antisenso sono già utilizzati per alcune malattie come la SLA. Tuttavia, questi strumenti presentano numerose limitazioni, tra cui l’incapacità di agire su porzioni specifiche del gene e una scarsa efficienza. Splicer promette di superare questi ostacoli grazie a un meccanismo più preciso e flessibile, che lavora contemporaneamente sui siti accettori e donatori di ogni esone indesiderato.

La prova sull’Alzheimer

La tecnologia è stata testata su modelli animali di Alzheimer, con risultati che fanno ben sperare. Splicer è riuscito a ridurre la produzione di beta amiloide, la proteina tossica ritenuta una delle principali cause della malattia. In pratica, il sistema ha eliminato la sequenza genetica responsabile della formazione della beta amiloide, contenuta nel gene App, spesso associato a forme familiari di Alzheimer.

Prospettive future

Nonostante le premesse siano incoraggianti, i ricercatori invitano alla prudenza. “Il nostro strumento ha un grande potenziale per malattie come l’Alzheimer, il Parkinson, la corea di Huntington o la distrofia muscolare di Duchenne”, afferma Perez-Pinera. Ma prima di applicarlo agli esseri umani, sarà fondamentale dimostrarne la sicurezza e la precisione, evitando che la rimozione degli esoni possa generare nuove proteine tossiche. Gli studi a lungo termine su modelli animali saranno il prossimo passo cruciale.

Una nuova speranza nella lotta contro le malattie

Con Splicer, la bioingegneria dimostra ancora una volta di poter riscrivere le regole della medicina. Se queste tecnologie riusciranno a mantenere le promesse, potremmo essere davanti a una svolta storica nella lotta contro malattie finora considerate incurabili. E questa volta, non si tratta solo di combattere un sintomo, ma di agire direttamente alla radice del problema.

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