Angelo Vassallo: cuore e giustizia
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A quattordici anni dall’omicidio di Angelo Vassallo, il “sindaco pescatore” di Pollica, il caso torna sotto i riflettori grazie a nuove indagini e testimonianze che potrebbero finalmente far luce su una delle vicende più oscure della recente storia italiana.

Angelo Vassallo: cuore e giustizia. Una storia che non è solo un delitto, ma un simbolo della lotta tra legalità e crimine organizzato, con l’ombra inquietante di una possibile complicità di pezzi dello Stato.

Chi era Angelo Vassallo?

Angelo Vassallo era un amministratore pubblico atipico, un sindaco che incarnava il concetto più puro di servizio alla comunità. Ambientalista convinto e promotore di uno sviluppo sostenibile, aveva trasformato Pollica, un piccolo comune nel cuore del Cilento, in un modello di legalità e rispetto per l’ambiente. Tra le sue battaglie più significative, quella contro il traffico di droga che minacciava di radicarsi nel suo territorio e quella contro la corruzione.

La notte del 5 settembre 2010, però, Vassallo venne ucciso in un agguato. Nove colpi di pistola misero fine alla sua vita, lasciando una comunità sgomenta e dando il via a una lunga e tortuosa ricerca della verità. Per anni, il caso è rimasto avvolto nel mistero, segnato da depistaggi e silenzi, fino a quando nuove rivelazioni hanno riacceso la speranza di fare giustizia.

Le indagini e la riapertura del caso

La svolta nelle indagini è arrivata di recente, grazie alla Procura di Salerno, che ha raccolto nuovi elementi e testimonianze chiave. Tra queste, spiccano le dichiarazioni di Antonella Mosca, collaboratrice di giustizia ed ex compagna di Romolo Ridosso, esponente della criminalità organizzata locale. Mosca ha rivelato particolari inquietanti, tra cui una frase attribuita a Ridosso subito dopo l’omicidio: “Abbiamo messo a posto il pescatore”. Una frase che suona come una sinistra rivendicazione del delitto.

Le nuove indagini hanno portato all’arresto di quattro persone accusate di concorso nell’omicidio. Tra loro, due carabinieri: Fabio Cagnazzo e Lazzaro Cioffi. Cagnazzo, proveniente da una famiglia storica dell’Arma, è sospettato di aver manipolato le indagini iniziali per proteggere i responsabili, mentre Cioffi, già condannato per traffico di droga, è accusato di aver avuto un ruolo attivo nell’operazione criminale. Completano il quadro Romolo Ridosso e Giuseppe Cipriano, entrambi noti per i loro legami con il traffico di stupefacenti.

Il ruolo di Antonio Ingroia

Un contributo fondamentale alla riapertura del caso è stato dato dall’avvocato Antonio Ingroia, legale dei fratelli Vassallo. Ingroia ha denunciato fin dall’inizio la presenza di “manine” all’interno dello Stato che avrebbero contribuito a depistare le indagini. Il suo lavoro ha permesso di mettere in evidenza come alcuni settori delle istituzioni possano aver giocato un ruolo ambiguo, se non complice, nell’omicidio.

“Non si tratta solo di criminalità organizzata,” ha dichiarato Ingroia. “C’è stato un patto di convenienza tra pezzi dello Stato e ambienti criminali. Angelo Vassallo era un ostacolo troppo grande per chi voleva portare avanti affari illeciti nel Cilento.”

Stefania Ascari e la battaglia in Parlamento

Anche sul fronte politico, il caso Vassallo continua a essere una ferita aperta. La deputata Stefania Ascari ha lavorato per mantenere alta l’attenzione sul caso, promuovendo interrogazioni parlamentari e iniziative legislative per rafforzare la protezione degli amministratori pubblici.

“La morte di Angelo Vassallo non è solo una tragedia personale o locale,” ha affermato Ascari. “È un attacco al cuore dello Stato e ai principi di legalità su cui dovrebbe fondarsi la nostra democrazia.”

La situazione a Pollica oggi

A raccontare come Pollica ha vissuto e continua a vivere questa vicenda è Massimo Vassallo, fratello di Angelo. “La comunità non ha mai smesso di lottare per ricordare Angelo e per ottenere giustizia,” ha detto. Ma la sensazione di abbandono da parte dello Stato è ancora forte. Pollica, che era diventata un modello di virtù civica sotto la guida di Angelo, oggi lotta per non cadere nell’oblio.

Massimo sottolinea come il lavoro del fratello abbia rappresentato un esempio non solo per Pollica, ma per l’intero Paese. Tuttavia, il lungo silenzio attorno al caso ha fatto emergere una domanda cruciale: quanto vale la vita di un amministratore pubblico che sceglie di opporsi al sistema?

La storia di Angelo Vassallo è una vicenda che intreccia coraggio, idealismo e tragica realtà.

A quattordici anni dalla sua morte, la sua eredità vive nelle battaglie della sua famiglia, della Fondazione che porta il suo nome e di tutti coloro che si rifiutano di accettare l’ingiustizia come un dato di fatto.

Ma il caso Vassallo è anche uno specchio delle ombre che ancora si annidano nei meccanismi dello Stato. Le indagini riaperte rappresentano un passo importante, ma il percorso verso la verità resta lungo e tortuoso. La speranza è che questa volta si arrivi fino in fondo, non solo per Angelo Vassallo, ma per tutti coloro che credono in un’Italia libera dal crimine e dalla corruzione.

“Non possiamo cambiare il mondo,” diceva Angelo Vassallo. “Ma possiamo lasciare un buon esempio.”

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