Clan Li Bergolis, dai monti alle coste: tappe di una scalata criminale
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Originariamente confinati nelle montagne del Gargano, i Li Bergolis si sono trasformati nel corso degli anni da rozzi pastori a sofisticati attori criminali, una “mafia militare” che ha saputo evolversi in un’organizzazione dedita al business.

Clan Li Bergolis, dai monti alle coste: tappe di una scalata criminale. Partendo dalla loro base montana, hanno esteso il loro dominio fino alle coste pugliesi, consolidandosi come una delle più temibili mafie della regione. Nonostante numerosi arresti e dure misure di sicurezza, i capi del clan hanno continuato a gestire i loro affari dall’interno delle carceri, dimostrando una capacità di controllo e di comando inarrestabile.

Una maxi operazione della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari ha recentemente portato all’arresto di 39 persone, inclusi i leader dei Li Bergolis. Questa operazione segna un colpo importante contro un’organizzazione che, negli ultimi decenni, ha saputo intrecciare alleanze con altre mafie, come la ‘ndrangheta calabrese e la camorra campana, arrivando a infiltrarsi nei settori imprenditoriale e politico. L’indagine ha svelato come i Li Bergolis abbiano sviluppato un imponente traffico di droga a livello internazionale, collaborando con i cartelli albanesi e riciclando il denaro sporco in attività legali.

La metamorfosi del clan

Da semplici montanari, i Li Bergolis si sono trasformati in abili trafficanti internazionali, come descritto dalla PM Bruna Manganelli, che ha coordinato l’indagine insieme ai procuratori di Bari e alla Direzione Nazionale Antimafia. Grazie alla loro capacità di costruire solidi rapporti con potenti famiglie calabresi, i Li Bergolis hanno accumulato una ricchezza senza precedenti, culminata nel recente sequestro di beni per oltre 10 milioni di euro. La loro ascesa è avvenuta in parallelo a una guerra sanguinosa contro i clan rivali, che ha lasciato una lunga scia di omicidi nel Gargano.

Arresti e accuse

L’ordinanza della giudice Isabella Valenzi ha imposto il carcere per 37 membri del clan, tra cui Marco Raduano, recentemente catturato dopo una lunga latitanza. Raduano, che si è recentemente dichiarato collaboratore di giustizia, rappresenta uno dei volti più noti del clan, noto per la sua capacità di gestire il traffico di droga anche da dietro le sbarre. L’inchiesta ha rivelato come il regime di alta sicurezza non sia stato sufficiente a impedire ai capi di mantenere il controllo della loro organizzazione, utilizzando pizzini e telefoni cellulari per comunicare con i loro uomini all’esterno.

Infiltrazione negli enti locali

La trasformazione del clan non si è limitata al traffico di droga: i Li Bergolis hanno saputo approfittare dei proventi illeciti per infiltrarsi nel tessuto economico e politico della regione. La loro presenza si è fatta sentire in settori come l’edilizia e il turismo, dove il clan ha consolidato il suo potere grazie alla capacità di influenzare decisioni politiche e amministrative. Questa infiltrazione ha avuto conseguenze anche a livello locale, portando allo scioglimento per mafia di diversi comuni.

Il reclutamento delle nuove leve

Oltre ai membri storici, il clan ha saputo reclutare nuove leve, tra cui minorenni, avviandoli a una carriera criminale attraverso un “percorso di tutoraggio” che includeva rapine e estorsioni. L’inchiesta ha evidenziato come il clan utilizzasse i giovani per garantire un futuro alla propria organizzazione, perpetuando così un ciclo di violenza e controllo.

Il colpo inferto dalla magistratura rappresenta un passo importante nella lotta alla criminalità organizzata, ma le sfide restano immense. I Li Bergolis hanno dimostrato di essere capaci di adattarsi e di sopravvivere alle repressioni più dure, mantenendo una “spiccata vitalità operativa” che ne fa una delle mafie più pericolose d’Italia.

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