Pignatone, l'ex procuratore indagato a Caltanissetta: “Favoreggiamento ai boss”
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Negli ultimi mesi, l’attenzione della magistratura si è concentrata su una vicenda intricata e complessa che affonda le sue radici nel lontano 1992.

L’ex procuratore Pignatone indagato a Caltanissetta: “Favoreggiamento ai boss”. L’inchiesta della Procura di Caltanissetta, guidata dal procuratore Salvatore De Luca, ha riportato alla luce episodi e figure chiave che, per decenni, sono rimasti avvolti nell’ombra. Tra i nomi coinvolti, emerge con particolare rilievo quello di Giuseppe Pignatone, una delle figure più rispettate nel panorama giudiziario italiano.

Il contesto storico: un intrigo di mafia e politica

L’indagine originaria del 1992 si concentrava sui rapporti tra esponenti di spicco della mafia palermitana, come Antonino Buscemi e Francesco Bonura, e il potente gruppo industriale Ferruzzi, allora capeggiato da Raul Gardini. Questi legami sospetti avevano attirato l’attenzione della procura di Palermo, in un periodo in cui il clima politico e sociale in Italia era già profondamente scosso dalle stragi di Capaci e via D’Amelio. Proprio in questo contesto, la figura del giudice Pignatone, all’epoca sostituto procuratore a Palermo, assume un ruolo cruciale nell’attuale inchiesta nissena.

Il ruolo di Pignatone: favoritismo o semplice coincidenza?

Giuseppe Pignatone, oggi presidente del tribunale della Città del Vaticano e noto per il suo impegno nella lotta alla criminalità organizzata, si trova ora al centro di un’indagine che ne mette in discussione l’integrità. Secondo la procura di Caltanissetta, Pignatone potrebbe aver avuto un ruolo nell’occultamento di prove fondamentali durante l’inchiesta del 1992, operando in concorso con altri magistrati dell’epoca, come Pietro Giammanco e Gioacchino Natoli, e con l’ufficiale della Guardia di Finanza, Stefano Screpanti.

La posizione di Pignatone è oggetto di particolare attenzione dopo che gli inquirenti nisseni hanno scoperto nuove intercettazioni, rimaste sepolte negli archivi della procura di Palermo per oltre tre decenni. Queste registrazioni, che non furono mai trascritte integralmente, potrebbero contenere elementi rilevanti che avrebbero potuto cambiare il corso dell’indagine originale.

Intercettazioni e brogliacci scomparsi: la pista inquietante

L’inchiesta attuale si basa in gran parte sul riascolto di vecchie bobine, recuperate dall’archivio della procura di Palermo. Questi nastri, che avrebbero dovuto essere distrutti secondo un ordine dell’epoca, sono riemersi inaspettatamente, rivelando un numero di conversazioni ben superiore alle 29 trascrizioni originariamente segnalate. La loro analisi ha fatto emergere nuovi spunti di indagine che, secondo i magistrati di Caltanissetta, contraddicono quanto sostenuto da Natoli in passato, ovvero che le intercettazioni non avessero prodotto risultati significativi.

Ancora più inquietante è la scoperta della sparizione di tre dei quattro brogliacci delle intercettazioni, sia dall’archivio della procura di Palermo che dalla caserma della Guardia di Finanza. Questi brogliacci, che documentano le conversazioni intercettate, rappresentano un elemento chiave per ricostruire l’effettivo contenuto delle registrazioni e le eventuali omissioni commesse durante l’inchiesta del 1992.

Il riascolto delle bobine: una verità scomoda

Il riascolto delle intercettazioni ha svelato dettagli inediti che gettano una nuova luce sui rapporti tra mafia e imprenditoria, coinvolgendo personaggi di spicco come Ernesto Di Fresco, politico della Democrazia Cristiana, e altri imprenditori legati a Francesco Bonura. Questi elementi sembrano indicare un tentativo di insabbiare indagini che avrebbero potuto compromettere figure di rilievo nel mondo politico ed economico.

La procura di Caltanissetta, dunque, ipotizza che Pignatone e gli altri indagati possano aver agito in concorso per favorire gli interessi mafiosi, compromettendo il regolare svolgimento delle indagini. Tuttavia, le difese degli accusati restano ferme nella negazione di ogni addebito. Natoli, ad esempio, ha dichiarato in commissione antimafia che le intercettazioni furono distrutte in conformità con le prassi dell’epoca, mentre Screpanti ha respinto ogni accusa, sostenendo di aver agito sempre nel rispetto delle norme.

Un Intrigo irrisolto

L’inchiesta della Procura di Caltanissetta si presenta oggi come un’indagine dalle molteplici sfaccettature, dove emergono continui colpi di scena e dove ogni passo sembra rivelare nuove ombre su un passato che si pensava ormai chiuso. La presenza del nome di Pignatone tra gli indagati aggiunge un ulteriore strato di complessità a una vicenda già di per sé intricata, sollevando interrogativi che potrebbero avere ripercussioni profonde sia sul piano giudiziario che su quello politico.

Mentre la giustizia fa il suo corso, l’attenzione rimane alta, con l’intera vicenda che potrebbe riscrivere alcune delle pagine più oscure della storia italiana recente. Restano ancora molte domande senza risposta: quale fu realmente il ruolo di Pignatone e degli altri indagati? Le intercettazioni erano davvero prive di valore investigativo, o furono volutamente trascurate? E, soprattutto, quali segreti nascondono quei nastri ormai sbiaditi dal tempo? Solo il proseguire delle indagini potrà forse, un giorno, svelare la verità.

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