Prendi un modello che funziona in tutto il mondo e stravolgilo per farne uno tutto tuo. E possibilmente piegato alle tue esigenze. Questo appare essere il progetto messo a punto da Coopfond, il fondo mutualistico di Legacoop, per mettere le mani in un settore molto particolare come quello delle start up.
Ma non è tutto. Le teste del Fondo coop si sono messi in mente di sfidare i cervelli di Silicon Valley partendo da una semplice quanto ovvia considerazione: possiamo creare occupazione per i giovani contribuendo al superamento della crisi? Certamente, si saranno risposti nei piani alti di Coopfond. Una risposta talmente convincente al punto di aver generato, nel giro di poco tempo, un “Progetto sperimentale per le startup cooperative”.
Alfredo Morabito è convinto che il modello americano sia fatto solo per un reddito finanziario e che “non produce occupazione vera” ma che rappresenta la brutalità del mondo del lavoro. Quindi ecco l’idea: accompagnare startup in grado di fare innovazione con un volto più umano.
In che modo? Chiedendo ai giovani idee e forza finanziaria propria “in grado di investire sul progetto in fase seed”. A quel punto una commissione di Coopfond esaminerà i progetti e deciderà a quali dare assistenza amministrativa, fiscale col fine di porli sul mercato “grazie alle relazioni sia interne che esterne al mondo Legacoop”.
Se il mondo delle Srl è troppo predatorio, quello di Coop pare non eccellere dal punto di vista del metodo.
“Il metodo Silicon Valley è quello consolidato in tutto il mondo: team di fondatori con un business model innovativo, a cui si affiancano tutor, formazione, ed apporti crescenti di capitale di rischio erogato da soggetti che fanno questo per mestiere” spiega a Zone d’Ombra tv Gianmarco Carnovale, Senior Advisor su temi di innovazione, venture capital, co-founder e presidente di Roma Start up. E aggiunge:”Ovviamente il tutto finisce con una exit, perché il patto con gli investitori è che il capitale deve tornare dopo tot anni moltiplicato x volte. E tutti, fondatori squattrinati inclusi, si riportano a casa un sacco di soldi”. In caso contrario, quando le cose non vanno a buon fine, “i fondatori non hanno rischiato soldi propri, ed hanno fatto un’esperienza lavorativa irripetibile. Comunque remunerata, perché mentre lavorano prendono comunque dei signori stipendi. E’ di fatto un modello cooperativo tra capitale umano e capitale finanziario, finalizzato ad un obiettivo comune che è il successo dell’impresa”.
Il dubbio sorge: Coop forse sta cercando di contrastare il modello perché ben presto potrebbe perdere ‘appeal’ e motivo di esistere. Come si spiegherebbe altrimenti che un mondo completamente opposto all’altro cerchi punti di convergenza per creare qualcosa che in ‘natura’ non esiste? Coop potrebbe essere anche stata mossa dall’intenzione ci cercare appoggio, fondi, regole speciali dalla politica. Fondamentalmente preservare il loro sistema di potere.
“Se i talenti possono fare impresa senza avere capitali propri, questi perdono il motivo per cui esistono” chiarisce Carnovale. Certo è che il sistema brutto e cattivo di Silicon Valley non chiede soldi.
Antonio Del Furbo