Recentemente, in Italia, si è sollevata una questione di notevole rilevanza riguardante la validità degli autovelox sulle strade italiane.
Una sentenza della Corte di Cassazione ha sollevato dubbi sulla regolarità di molti autovelox, mettendo in discussione la legittimità delle multe emesse in base alle loro segnalazioni di eccesso di velocità. Questa decisione potrebbe aprire la strada a numerosi ricorsi da parte degli automobilisti multati, sollevando interrogativi sui criteri di omologazione e approvazione di tali apparecchi.
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Il caso emblematico che ha catalizzato l’attenzione è quello di un cittadino e avvocato trevigiano, sanzionato per aver superato il limite di velocità di 90 chilometri orari. La sua contestazione ha trovato favore presso la Corte di Cassazione, che ha ritenuto che l’autovelox utilizzato fosse soltanto “approvato”, anziché omologato. Questo ha portato alla necessità di chiarire le differenze tra approvazione e omologazione degli strumenti di controllo della velocità su strada.
Cos’è, dunque, l’approvazione e l’omologazione di un autovelox?
L’omologazione, in termini legali, attesta che il dispositivo rispetti i requisiti tecnici stabiliti dalla normativa e ne consente la produzione su larga scala. L’approvazione, invece, consiste nell’autorizzazione di un prototipo secondo standard definiti. Sebbene la legge non distingua chiaramente tra questi due concetti, la giurisprudenza predominante suggerisce che siano procedure distintive.
Le conseguenze di tale distinzione possono essere significative.
Senza l’omologazione, ci potrebbero essere disparità nella rilevazione della velocità, compromettendo la validità delle multe emesse dagli autovelox non conformi. Tuttavia, sembra che questa procedura non venga sempre eseguita regolarmente, sollevando interrogativi sulle motivazioni dietro questa omissione. I costi potrebbero essere un fattore determinante, poiché l’omologazione e l’approvazione sono due processi distinti, e le differenze di spesa non sono chiaramente definite.
Per coloro che si trovano multati, la decisione di fare ricorso richiede un’attenta valutazione della situazione.
Consultare precedenti giurisprudenziali e verificare la validità dell’autovelox possono essere passi utili nella valutazione della propria situazione. Tuttavia, individuare con certezza se un autovelox è omologato può risultare complesso, richiedendo l’accesso agli atti e, talvolta, la consultazione di risorse online messe a disposizione dai comuni.
Se risulta che l’autovelox non è omologato, esistono due vie per fare ricorso.
La prima coinvolge il rivolgersi al prefetto entro 60 giorni dalla sanzione, con la possibilità di un ricorso gratuito. Tuttavia, se il ricorso non avesse esito positivo, la sanzione potrebbe raddoppiare. La seconda via prevede un ricorso davanti al giudice di pace entro 30 giorni dalla sanzione, coinvolgendo direttamente il Comune o l’ente che ha installato l’apparecchio. Questa opzione può consentire accertamenti tecnici più approfonditi, ma comporta il pagamento di una marca da bollo.
La sentenza della Corte di Cassazione ha sollevato importanti questioni sulla regolarità degli autovelox in Italia. Sebbene non sia equiparabile a legge, questa decisione potrebbe portare a una maggiore uniformità nelle sentenze e a una maggiore trasparenza riguardo ai criteri di omologazione e approvazione di tali dispositivi. In caso di esito positivo del ricorso, le spese sarebbero a carico del Comune, alleviando il peso finanziario per coloro che cercano giustizia in questo contesto.