Lunedì 15 aprile presso l’Università degli Studi dell’Aquila, nella sezione di Scienze Ambientali del Dipartimento MESVA, si è svolto un incontro con l’obiettivo di far conoscere le attività dell’associazione Rewilding Apennines, partner di Rewilding Europe.
Rewilding Apennines all’Università: “portatrice di una visione ambientalista estremista”. L’iniziativa, che ha illustrato i lavori previsti in Appennino centrale, ha sollevato non poche polemiche.
“Iniziative del genere che visione trasmette agli studenti?” chiede Michele Corti, già professore dell’Università di Milano nonché presidente dell’associazione per la Cultura rurale. “Constatiamo con amarezza come l’Università dell’Aquila abbia organizzato il 15 aprile un incontro tra gli studenti e l’associazione Rewilding Appennine, portatrice di una visione ambientalista estremista. Una visione che tende a ridurre l’Appennino a un retroterra metropolitano, ad una periferia destinata alla monocoltura della pseudo natura selvaggia da vendere ai romani in forma di safari fuori porta”.
Per Corti “Questa visione, in cui gli unici valori sono costituiti dai boschi (da abbandonare a sé stessi), dagli orsi, dai lupi e da poche altre specie animali non solo ignora i lasciti di una civiltà agropastorale vecchia di ottomila anni ma anche la presenza di una pluralità di centri capaci di sviluppare commerci, produzione manifatturiera e artistica. Dal punto di vista della formazione è grave, specie per quanto riguarda corsi universitari di scienze ambientali che si dia spazio all’ideologia senza basi scientifiche del “ritorno alla natura selvaggia”. “È una mistificazione far credere in una rinaturalizzazione che riporti l’Appennino a un presunto stato primigenio perché la composizione della copertura vegetale è stata influenzata profondamente dall’introduzione di piante utili all’uomo da altri ambienti con il loro corteggio di specie animali e vegetali ma, soprattutto, dall’introduzione spontanea di organismi in grado di colonizzare i nuovi habitat agropastorali”.
Sulla vicenda interviene anche Dino Rossi: “La politica entra anche nell’Università. Perché non si ascoltano le voci del territorio?”
Lina Calandra, professoressa dell’Università dell’Aquila, è convinta che per dare risposte al territorio bisogna ascoltare tutte le parti in causa. La professoressa si occupa principalmente del tema della montagna e della conservazione ambientale in rapporto con lo sviluppo locale; della partecipazione come metodologia di indagine per la pianificazione socioterritoriale; delle conseguenze socioterritoriali di eventi catastrofici.