L’ex impiegata dell’Alfa Romeo di Arese nel gruppo che mise a segno l’attentato di via Palestro a Milano. Era legata a uno degli artificieri.
Stragi di mafia del 1993. Non solo Rosa Belotti era presente in via Palestro a Milano ma c’erano più donne. Rosa Belotti, intanto, pur riconoscendosi nella foto, nega il suo ruolo nella strage.
“È bruna, con i capelli a caschetto, è alta circa cm. 160/165, età 30/32 anni, occhi verdi chiari (con taglio diverso e più arrotondato rispetto all’identikit)”. E poi ancora: “Alcuni anni fa avrebbe lavorato per circa un anno presso l’Alfa Romeo di Arese e in seguito sarebbe stata impiegata presso enti pubblici tra cui la Regione Lombardia dove avrebbe prestato la sua opera negli uffici territoriali, con impiego specifico presso l’ufficio Vidimazioni. Fino al luglio-agosto 1992 avrebbe usufruito di aspettativa”.
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Sono alcuni dei particolari che descrivono la bombarola o le bombarole delle stragi sulle quali gli investigatori di Firenze stanno indagando da tempo. A redigerli è il vecchio servizio di sicurezza civile (Sisde) oggi Aisi. Il documento numero 93TER.9975 – H.1/1993/022 (3^) di tre fitte pagine e datato 19 agosto 1993, è conservato dall’Archivio centrale dello Stato a Roma, all’interno di un dossier più ampio, e racconta molto sul piano di destabilizzazione messo in atto in quel periodo e anche sul ruolo degli “esterni” che avrebbero preso parte alle stragi “in Continente”.
Come racconta l’Espresso forse proprio quel “nucleo operativo oscuro” di cui ha riferito Report lo scorso gennaio e su cui la gip di Caltanissetta Graziella Luparello, nel maggio del 2022, ha chiesto di approfondire. Ruolo sul quale anche la Commissione antimafia della scorsa legislatura si è soffermata, indicando, a esempio, la strage di via dei Georgofili a Firenze del maggio ‘93 come un’operazione di Falsa Bandiera, ossia fatta commettere da alcuni (mafiosi) ma voluta e supportata sul terreno da altri.
L’appunto
L’appunto, redatto a solo un mese dagli attentati avvenuti tra il 27 e il 28 luglio del 1993 a Roma e Milano, fa riferimento al commando che avrebbe portato a termine quello lombardo di via Palestro.
L’intervento sarebbe stato fatto da un gruppo composto da 4 persone di cui due artificieri “di circa 32/35 anni e capelli molto corti e neri”, recita l’appunto del Sisde.
Secondo la fonte del Servizio, “operante nell’ambito della criminalità organizzata”, la donna avrebbe anche “una cicatrice su una coscia, causata da una ferita riportata in un incidente stradale avvenuto circa 5 anni orsono” e in passato “soprannominata cipollina” per via della capigliatura.
Strategia terroristico-mafiosa delle stragi di mafia del 1993
L’intelligence aggiunge poi altri elementi quando avverte che “per il prossimo futuro” si stavano per preparare azioni criminali in altre città. In particolare Venezia che – si legge – “verrebbe coinvolta per la sua valenza primaria in un attentato di grandi proporzioni”. Ma non basta. L’appunto si conclude con un’analisi quasi degna di un autore di fiction sugli ideatori della strategia terroristico-mafiosa attuata da “un coacervo di forze politico-massoniche con agganci nell’alta finanza e in organizzazioni straniere”.
Le segnalazioni che anticipavano la vicenda
Ma c’è un altro appunto datato 28 luglio 1993, che il 4 giugno indicava già la possibilità di un attentato programmato nel capoluogo lombardo in via Zimagna, vicino allo Stadio San Siro e insieme una nota: “Le relazioni semestrali Sismi (oggi Aise, ndr) e Sisde avevano previsto la possibilità di ulteriori azioni violente con modalità di tipo terroristico. Al riguardo era stata attirata l’attenzione dei Servizi”. Attenzioni che per un servizio di sicurezza equivalgono a intervenire per prevenire certe azioni, non semplicemente a registrarle.