Ve lo ricordate il povero Matteo Renzi quando annunciava:”La spending review toccherà anche la Rai”? Ve lo ricordate quando, con la lavagna presa in prestito da nonno Silvio, indicava e analizzava processi di ‘ristrutturazione’ dell’azienda Italia? E lo sapete che fine ha fatto quella volontà del Matteo nazionale di tagliare le sedi regionali della Rai? È finita con i sindacati che gli hanno detto di darsi una calmata. E quei soldi ora Matteo li vuole da tutti gli italiani.
Il presidente del Consiglio aveva chiesto un recupero di ben 150 milioni di euro all’azienda di Stato individuando il taglio delle sedi regionali. Alternativa: vendere Raiway. In una nazione seria nessuno avrebbe optato per la vendita di Rai Way visto che il ramo d’azienda è in attivo e, per i prossimi anni, è previsto un aumento esponenziale dei ricavi. A quel punto si sarebbe dovuto intervenire sul piu’ grande sperpero di denaro che la Rai autorizza e avanzare con il ridimensionamento delle 21 sedi regionali. Invece? Invece le lobby che contano, sindacati e funzionari di partito, hanno imposto al governo un aut aut: la Rai non si tocca altrimenti saranno guai. È così è stato. L’esecutivo ha fatto il suo bel passetto indietro e ha scelto di non scegliere. O meglio: ha deciso di non decidere. Addirittura è andato oltre: ha fatto decidere all’azienda pubblica cosa fare.
Intanto è stato stralciato l’emendamento sul taglio delle sedi quindi la modifica che prevede, per un prossimo futuro, la possibilità di vendere Rai Way. Una vera e propria genialata. Ma nel frattempo come si recuperano i 150milioni di euro di ammanco? Facile: basta tassare i cittadini.
Via quindi con cartelle recapitate a professionisti, artigiani, piccoli imprenditori, negozianti, associazioni culturali, che posseggono un computer esclusivamente per lavoro. E a quanto ammonterebbe la tassa? A ben 470 euro. E a chi si sono rivolti i cittadini per capirci qualcosa? Al momento solo a ‘Il Giornale’ che ha condotto una vera e propria battaglia solitaria contro questo balzello inventato dalla Rai per fare cassa.
Nessun politico si è permesso di proferir parola sulla questione. Muti i sindacati e muti i politici. A quanto pare è molto pericoloso schierarsi contro l’azienda pubblica pena la sparizione di comode poltrone televisive su cui adagiarsi a dire le più grosse idiozie. Molto comodo invece, come è accaduto in Abruzzo, che orde di politici si riversino in strada a darsi fuoco per salvaguardare una struttura che conta circa 40 giornalisti e un numero imprecisato di professionisti e società esterne. Mail, comunicati stampa, mobilitazioni cittadine per la salvaguardia di strutture che non hanno più motivo di esistere.
Intanto la Rai risponde al Giornale dicendo che:”Le lettere sul canone speciale sono comunicazioni informative prive di connotati precettivi o intimativi, nelle quali si descrivono i casi in cui si deve pagare il canone. In nessun passaggio della lettera si presume la detenzione di apparecchi assoggettati a canone, anzi si invita esplicitamente il destinatario ad effettuare il versamento soltanto qualora ci sia un apparecchio televisivo”. Insomma la Rai non intima ma informa. Coincidenza vuole che l’azienda decide di informare proprio quando c’è l’esigenza di rastrellare quattrini. Peccato che anche il sottosegretario al ministero dell’Economia non ci vede chiaro:”le lettere della Rai sono un pasticcio”.
La Rai dice di non conoscere “il numero dei dipendenti, la metratura ecc. delle aziende. Si tratta solo di dati come la ragione sociale, il codice fiscale, la partita Iva, la sede legale e eventuali sedi secondarie”. Peccato che, come riferisce il Giornale, “Ci sono titolari di aziende che ricevono la vostra lettera non all’indirizzo della sede legale dell’azienda, ma a casa loro (indirizzo diverso)”.
L’azienda, aggiunge, che chiunque può rivolgersi al call center, peccato però che molti utenti hanno lamentato il fatto di non essere riusciti a parlare con nessuno dopo lunghe attese.
Il presidente della Provincia di Chieti, Enrico Di Giuseppantonio e tutto il Consiglio, Guerino Testa, presidente della Provincia di Pescara, Walter Catarra, presidente della Provincia di Teramo, Antonio Del Corvo, presidente della Provincia dell’Aquila, la senatrice del Partito Democratico Stefania Pezzopane, il deputato di Sinistra ecologia e libertà, Gianni Melilla, il capogruppo dell’Unione di centro nel Consiglio regionale abruzzese, Antonio Menna, scenderanno in piazza per dire ‘no’ a questo nuovo balzello per rimettere in sesto la Rai? Sono almeno cinque milioni gli italiani che dovranno pagare questa tassa: i politici faranno qualcosa di concreto per questa larga fetta di italiani o si muovono solo quando è in pericolo il futuro di qualche privilegiato?
Antonio Del Furbo