Ce la stanno mettendo tutta per punire Valdimir Putin ma – a quanto pare – come scarsi risultati. Sia dal punto di vista politico e sia dal punto di vista strategico.
Da un lato – come è evidente a tutti – la diplomazia non ha portato a casa ancora nulla. Putin, infatti, continua a bombardare l’Ucraina minacciando l’uso di armi chimiche. Dall’altro l’Europa, dunque l’Italia, è stretta nella morsa del caro petrolio e del caro gas. Con ripercussioni gravi su famiglie e imprese a cui il governo ha cercato di porre riparo con il decreto energia ma senza risolvere la questione.
Mosca incassa ogni anno 100 miliardi di dollari dalle esportazioni di metano e 150 miliardi da quelle di petrolio. Il boom del barile, sommato a quello che già sta infliggendo la penuria di gas, rischia di far traballare tutta l’economia mondiale, per diversi mesi.
La più grossa crisi degli ultimi decenni
La Iea, l’Agenzia internazionale per l’energia, che è il braccio dell’Ocse per il settore, definisce quella in arrivo come “la più grossa crisi di approvvigionamento degli ultimi decenni”. La Goldman Sachs, la grande banca di investimento che è anche la banca più impegnata a livello mondiale sul mercato dell’energia, parla di “uno dei più grandi e duraturi sconvolgimenti che il mercato del petrolio abbia mai visto”. Esattamente il quinto, nella classifica di Goldman Sachs, dopo altri eventi, non proprio recenti: l’embargo arabo del 1973, la rivoluzione iraniana del 1978, la guerra Iran-Iraq degli anni ’80, l’invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein nel 1990.
Crisi e produzione russa
Un terremoto scatenato dalla sparizione dal mercato di circa metà della produzione russa, ovvero 3 milioni di barili di greggio al giorno, il 3 per cento della domanda mondiale. Una valutazione su cui coincidono le previsioni sia della Iea che di Goldman Sachs. Eppure l’energia, come dicevano, era stata risparmiata nella pioggia di sanzioni piovute su Putin. Goldman Sachs dà una spiegazione più dettagliata: le sanzioni non toccano l’energia, riconoscono gli esperti della banca americana, ma sarebbero le aziende russe per prime ad aver perso l’incentivo ad esportare. Le sanzioni, insomma, impediscono ad aziende come Lukoil, di fatto, di trasferire i dollari alla banca centrale russa. In più, nel clima attuale, quegli incassi sarebbero continuamente a rischio sequestro.
Come possiamo compensare 3 milioni di barili: gas e petrolio
La rinnovata tolleranza verso paesi come Iran e Venezuela dà un po’ di respiro, quanto basta a recuperare circa metà di quei barili. Il Venezuela di Maduro è in grado di aumentare l’export di 3-400 mila barili entro giugno. L’Iran degli ayatollah può riversare sul mercato un milione di barili prima dell’autunno. Il resto lo possono fornire solo Arabia saudita e Emirati arabi.
Le scorte, invece, sono esaurite.
A gennaio, nelle cisterne dei paesi dell’Ocse c’era meno greggio della media degli ultimi 5 anni. Goldman Sachs arriva a pronosticare un prezzo fino a 175 dollari a barile nell’ipotesi peggiore. A questi livelli di prezzi di benzina e diesel, la domanda globale scenderà di 1 milione di barili al giorno, finendo di chiudere il buco russo, anche in assenza di soccorso da parte di Arabia saudita ed Emirati. Ma a prezzo di una recessione mondiale.