Una nuova discriminazione per le persone con disabilità. Segnalazioni da tutta Italia.
Da fine gennaio è partito il taglio del Reddito di cittadinanza per le persone che hanno ricevuto l’aumento della pensione di invalidità. Un incremento stabilito dalla sentenza n.152/2020 della Corte Costituzionale.
Sul versamento del reddito relativo al mese di gennaio l’Inps ha applicato decurtazioni, in alcuni casi anche azzeramenti, alle persone disabili che hanno diritto alla maggiorazione della pensione di invalidità con un limite massimo di integrazione di 368 euro.
“L’Inps nella ricarica della tessera su cui viene accredito il Reddito di cittadinanza ha decurtato la differenza tra il vecchio Isee (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) e quello nuovo con gli aumenti della pensione di invalidità, arrivando in molti casi ad annullare del tutto l’accredito. Sono tante le segnalazioni che ci arrivano dal 27 gennaio”, fanno sapere le organizzazioni.
Nazaro Pagano, presidente pro-tempore della Federazione tra le associazioni nazionali delle persone con disabilità (Fand) e numero uno dell’Associazione nazionale mutilati invalidi civili (Anmic), dice al fattoquotidiano.it che “questa vicenda purtroppo è un altro ostacolo che si frappone sul cammino quotidiano per le persone con disabilità e le loro famiglie”.
Si tratta di “una nuova discriminazione per le persone con disabilità e serve una rapida azione delle istituzioni per porre rimedio a questa situazione. Non possiamo essere d’accordo e chiediamo che si intervenga immediatamente con un nuovo decreto legge, cosi come è stato fatto di recente con il Dl fiscale che ha sancito che si può sommare l’assegno di invalidità al reddito da lavoro”.
Le famiglie come stanno reagendo ai tagli? “Ogni giorno – afferma il presidente di Fand e Anmic – ci arrivano da tutta Italia delle segnalazioni in tal senso. Sarebbe opportuno un incontro urgente con il ministro della Disabilità Erika Stefani, che finora si è dimostrata aperta al dialogo e disponibile a risolvere i problemi evidenziati”.
Tutto parte dal decreto legge del 2019
La questione parte tre anni fa con l’approvazione del decreto legge 4/2019, il “decretone” su reddito e quota 100, convertito nella Legge n.26 dello stesso anno. Legge che prevedeva una serie di parametri per poter ottenere il Rdc. Già all’epoca, però, le principali Federazioni avevano evidenziato che ci sarebbe stato un discrimine significativo nell’ottenere il Rdc nei confronti dei nuclei famigliari in condizione di povertà assoluta aventi una persona disabile a carico. “Come nel 2019 avevamo ritenuto inaccettabili vari contenuti della legge sul Reddito di cittadinanza che andavano a penalizzare le famiglie con persone disabili”, afferma Vincenzo Falabella, presidente della Fish.
La percezione di molti è di una ingiustizia ulteriore ai danni dei più fragili.
Tutto dovuto a maggiorazioni di legge, quelle previste per l’invalidità civile. Queste sarebbero poi state sottratte dal conteggio relativo all’importo mensile del Rdc. Questa situazione sta provocando non pochi disagi per donne e uomini che hanno una invalidità civile al 100%, soggetti maggiorenni fino ai 65 anni di età che hanno diritto all’incremento della pensione di invalidità stabilito dalla Suprema Corte. “Come già abbiamo fatto dapprima sul fronte delle pensioni di invalidità civile parziale – aggiunge Falabella – e più recentemente sull’errore poi ammesso dall’Inps in relazione all’Isee, siamo pronti a fare da subito tutto il possibile per far rimediare questa stortura. Non intendiamo stare a guardare questo ennesimo attacco a famiglie costrette a vivere spesso ai limiti dell’indigenza. E dal mondo della politica ci attendiamo ora immediate risposte”.
L’auspicio è di vedere garantito il pieno diritto al sussidio senza nessuna diminuzione dovute a diritti conquistati con fatica in passato.
la sentenza della Corte costituzionale
Incrementare per tutte le persone al 100% inabili al lavoro la pensione di invalidità civile, portandola alla cifra minima di 516 euro. Lo ha stabilito con una sentenza la Consulta della Corte Costituzionale che dichiara non sufficiente a soddisfare i bisogni primari della vita umana l’assegno mensile in vigore di soli 285 euro che lo Stato eroga da una decina d’anni a determinate fasce assai fragili di popolazione. Le organizzazioni delle persone con disabilità chiedevano da lungo tempo di aumentarne l’importo, considerando tale cifra irrisoria rispetto alle esigenze reali degli aventi diritto.
“Esprimiamo soddisfazione per una sentenza che ha finalmente posto rimedio alla totale mancanza di tutta la politica che in questi anni non aveva mai fatto nulla al riguardo, anche di fronte a tante e ripetitive nostre richieste come ad esempio quando nel 2008 avevamo raccolto oltre 300mila firme per proporre al parlamento un referendum popolare sull’argomento, con la presentazione dell’Atto Camera n.1539 che però non venne mai approvato ma i cui contenuti oggi vengono totalmente recepiti dalla Consulta”. A dirlo il presidente dell’Associazione nazionale mutilati invalidi civili (ANMIC) e della Federazione tra le associazioni nazionali delle persone con disabilità (FAND) Nazario Pagano.