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Da qualche giorno siamo venuti a conoscenza di una lettera inquietante che un dirigente della Toto, tale Giampiero Leombroni, ha inviato nel Dicembre 2011 al commissario Adriano Goio ed al Sindaco di Bussi dell’epoca Marcellino Maria Chella (PD).

La questione riguarda il territorio di Bussi e, in particolare, la montagna sotto la quale scorre la falda acquifera più grande d’Europa. Su questo pezzo di montagna la Toto S.p.A vorrebbe realizzare una cava di dimensioni mastodontiche. Per comprendere il rischio al quale sono nuovamente esposti i 700 mila cittadini che hanno bevuto acqua avvelenata, occorre procedere con ordine, ricordare sinteticamente i fatti, ed analizzare i rischi per il futuro.

L’AVVELENAMENTO

L’avvelenamento dell’acqua potabile, bevuta da tutti i cittadini della Val Pescara e della città di Chieti, si è verificato per via dei pozzi Sant’Angelo che sono stati realizzati a valle del polo chimico industriale di Bussi Officine. In essi sono convogliate le perdite degli impianti del polo industriale stesso. Per tale motivo il commissario di Governo, architetto Adriano Goio, ordinò la realizzazione di nuovi pozzi, proprio a Bussi sul Tirino in località San Rocco, perché questi, essendo a monte dei siti contaminati, captano acqua purissima che non è attualmente a rischio avvelenamento. Nella lettera che pubblichiamo si legge che la Toto S.p.A è interessata alla reindustrializzazione del polo chimico industriale, poiché ha manifestato l’interesse a realizzare in esso una cementeria con annessa una cava mineraria.

L’allocazione di quest’ultima desta non poche preoccupazioni, poiché essa, come si vede nella relativa foto, è allocata sulla montagna compresa tra i territori dei comuni di Bussi, Popoli, Colle Pietro e San Benedetto in Perilis, quindi sulla montagna nella quale si trovano quei pozzi San Rocco che hanno sostituito quelli contaminati nella fornitura di acqua ai 700 mila cittadini avvelenati fino al 2007.

La rimozione dello scudo di roccia che sovrasta la falda, che verrebbe provocata con la realizzazione della cava, ripropone lo stesso schema della avvelenamento dei pozzi Sant’Angelo. Ci ritroveremmo, infatti, con un’attività estrattiva-industriale a monte di pozzi di captazione dell’acqua potabile, dalla cui falda viene imbottigliata anche l’acqua della Gran Guizza, azienda insediata a Popoli, e che ha avuto non pochi problemi a causa delle notizie diffuse sulla stampa nazionale, a seguito della pubblicazione della perizia fatta dall’istituto superiore di sanità per la Corte d’assise di Chieti.

TOTO MIRA LA CAVA

Tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014, la Toto S.p.A. ha presentato al Comitato Via della Regione Abruzzo una richiesta per fare attività di prospezione e ricerca sulla montagna in oggetto. Si tratta, ovviamente, dell’inizio della procedura che la porterà a richiedere poi l’autorizzazione a cavare in quell’area.

L’autorizzazione per le cave, torbiere e miniere è di competenza regionale. Cosa succederebbe se D’Alfonso ricoprisse il ruolo di Governatore d’Abruzzo? Carlo Toto, oltre ad essere amico di famiglia, è il suo stesso testimone di nozze.  Una consolidata amicizia più che ventennale tra i due permetterebbe a D’Alfonso di bocciare un’eventuale altra richiesta di Toto evitando che i 700 mila cittadini avvelenati fino al 2007 possano correre di nuovo lo stesso rischio?

LA LETTERA

Nella lettera che pubblichiamo si legge chiaramente che il geometra Leombroni chiede la massima riservatezza al Commissario Goio. Appare quantomeno singolare la richiesta fatta al Commissario Goio del regolamento attuativo della legge n° 241 del 1990 (quella che disciplina l’accesso agli atti della Pa), per verificare se ci sono deroghe all’accesso agli atti concernenti le informazioni ambientali, e di subordinare questo accesso alla volontà della Toto SpA.

Parrebbe, a questo punto, che Toto non vorrebbe far conoscere l’impatto ambientale della Cava. Il motivo di tale secretazione all’accesso degli atti sono dettate dalla necessità di conservare la pace sociale e sindacale.

IL DOCUMENTO

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