In questi giorni i grillini hanno messo su uno show degno della prima serata sul fronte della riforma della giustizia. Drammatizzare e poi risolvere: è il solito cliché con cui giustizialisti tengono alta l’attenzione.
Il nuovo testo della riforma della giustizia penale è arrivato in serata in Commissione Giustizia alla Camera. I deputati lo attendevano per leggere ogni passaggio della mediazione. Oggi è in aula, come previsto, e lunedì sarà messa la fiducia.
Il nodo della prescrizione.
La riforma della giustizia penale della Cartabia prevede che la prescrizione si blocca dopo il primo grado. E a quel punto scatta la tagliola della improcedibilità per i processi: due anni in Appello e un anno in Cassazione. Per tutti i reati. La mediazione prevede che per i primi tre anni di applicazione della riforma (fino al 2024), la durata del processo d’Appello si estende per un ulteriore anno. Quella del processo per Cassazione di ulteriori sei mesi. Accolta quindi la mediazione proposta dal Pd, il lodo Bazoli-Serracchini. Per i reati speciali – associazione mafiosa, scambio politico mafioso, associazione finalizzata allo spaccio, violenza sessuale e reati con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico – i giudici di Appello e di Cassazione possono con ordinanza, motivata e ricorribile in Cassazione, disporre l’ulteriore proroga del periodo processuale.
Per i reati aggravati di cui all’articolo 416 bis, primo comma, la proroga può essere disposta per non oltre due anni.
Le proroghe, tranne che per il 416bis primo comma, potranno essere “infinite” se per motivati profili di “complessità”. Italia viva ha ottenuto ciò a cui puntava da due anni e per cui sono già caduti due governi: la fine della prescrizione Bonafede, aggirata e affondata.
L’Italia deve prendere i soldi del Pnrr grazie alla riforma del processo penale.
Comunque in serata, in Commissione giustizia, girava un foglietto. Con la lista delle richieste 5 Stelle che non sono state accolte. Sono sette. Respinta l’imprescrittibilità dei reati di mafia e terrorismo o comunque aggravati dal metodo mafioso e l’estensione ai reati contro la PA il cui limite massimo di durata, anche dopo il periodo transitorio, doveva essere esteso a 4 anni. Respinta la richiesta di modificare la decorrenza del termine di durata in Appello, da non individuare nel momento dell’impugnazione.
E anche la richiesta di abrogare la norma sui criteri generali indicati dal Parlamento alle procure. Nulla da fare per il giudice monocratico in appello per i casi meno gravi. Respinta anche la richiesta per cui, nel caso di processi con più capi d’imputazione su uno o più imputati, l’improcedibilità avrebbe seguito il reato più grave. È una lista molto tecnica, che è stata messa nero su bianco per tenere a bada facili entusiasmi, narrazioni e ricostruzioni sbagliate.